GASPORT (F. CENITI) - Estinte, ma come i dinosauri di Jurassic Park hanno trovato una seconda vita: va in scena ogni maledetta domenica (e dintorni) nei bar sport italiani, ma senza la regia di Steven Spielberg. La «sceneggiatura » è scritta dai tifosi, giocatori, dirigenti, allenatori e giornalisti. Chi è (anzi chi sono) il protagonista dell’insolito film? Le regole che governano il pianeta calcio, in continua evoluzione. Quelle cancellate o sostituite «sgomitano» per sfuggire alle tenebre. Ci riescono grazie a tanti alleati. Una collezione che contempla esemplari rari, regole mai esistite, ma tramandate da leggende, dalle gare disputate in cortile, dove «chi segna vince». Ecco, tra «il fallo da ultimo uomo», «mani involontario», «i 4 passi del portiere», «la regola del vantaggio», «il danno procurato», «le sfumature del fuorigioco», «fermare la rincorsa prima di un rigore» e cose simili, la confusione regna sovrana. Entriamo dentro al film per tentare di fare chiarezza.
ULTIMO UOMO È forse l’abbaglio più diffuso: «Ma come, non l’ha espulso? Eppure era ultimo uomo… ». Frase tipo che può essere pronunciata (o scritta) da molti addetti ai lavori. Si sono persi qualcosa: il rosso diretto per fallo da ultimo uomo è stato introdotto a partire dagli anni Novanta, ma da molto tempo è stato soppiantato dalla chiara occasione da gol. Si può benissimo essere il terz’ultimo difensore, ma se si nega a un avversario la possibilità concreta di segnare, allora si dovrà lasciare il campo. Viceversa l’ultimo uomo è spesso punito solo col giallo perché non è colpevole di possibile «gollicidio». Due esempi recenti: corrette le ammonizioni a Carvalho del Monaco (contro la Juve) e Neuer (contro il Porto) perché i loro avversari (Morata e Quaresma) non avevamo il possesso immediato del pallone, uno dei requisiti fondamentali per valutare la chiara occasione da rete. Con palla a mezz’altezza (il caso di Juve-Monaco) oppure distante qualche metro e veloce (come in Porto-Bayern) il cartellino sarà sempre giallo.
MANI E VOLONTARIETÀ «Mani involontario, non si può punire». Sbagliato. La questione è più complessa. Certo, solo su questo tipo di fallo l’arbitro potrà assolvere il difensore se considera il gesto senza dolo, ma Fifa e Uefa hanno stabilito una serie di parametri per ridurre al minimo l’eventualità. Della serie: è punibile il gesto anche se non c’è intenzione di colpire la palla. L’ultima domenica ci ha offerto due situazioni tipo: se un giocatore sceglie di entrare in scivolata sa di correre un rischio, se il pallone gli sbatte sul braccio tenuto largo (non importa dove e come), sarà punito con il rigore come in Roma-Atalanta. Stessa cosa per chi allarga il braccio nel tentativo di contrastare un attaccante: il tiro (o il passaggio) intercettato diventa una «colpa» sanzionabile perché l’imprudenza del gesto è equiparata alla volontarietà. Come nel caso di Antonelli nel derby di Milano: non concedere il rigore è stato una sbaglio di Banti (e una fortuna per il Milan).
PORTIERE A SPASSO Una volta il portiere col pallone tra le mani poteva fare solo 4 passi, poi era obbligato al rilancio pena una punizione contro. Da anni vediamo i numeri uno concedersi lunghe passeggiate. Dalla tribuna si grida: «Arbitro, i 4 passi...». Spariti, ora conta il cronometro: in teoria il portiere non deve bloccare il gioco per più di 6 secondi, ma in pratica c’è molta tolleranza.
LA REGOLA DEL VANTAGGIO Altro mito da sfatare: non esiste. È solo una facoltà a disposizione dell’arbitro: se valuta la possibilità di uno sviluppo migliore del gioco a favore della squadra che ha subito il fallo, allora può lasciar proseguire l’azione. Ma è un’opzione. Certo, ci sono situazioni evidenti dove è meglio attendere, ma altre imprevedibili. E se arriva il fischio non è un errore perché l’arbitro si è dimenticato la «regola del vantaggio »...
DANNO PROCURATO Invenzione giornalistica: non esiste nessun fallo da danno procurato nel regolamento. Il calcio è uno sport di contatto, tutti quelli irregolari sono codificati. L’involontarietà non mette al riparo il difensore: è punita la negligenza, l’imprudenza e persino l’eccessiva vigoria di un contrasto. Cioè prendere il pallone non è un parametro sempre valido per evitare la punizione. Al contrario ci sono contrasti che possono essere considerati di gioco anche se «procurano un danno ». Altrimenti passiamo al basket.
FUORIGIOCO E DINTORNI Sul fuorigioco non basterebbe l’intero giornale per spiegarne le sfumature. Il legislatore (l’Ifab) ha le sue colpe: i continui ritocchi alimentano la confusione persino tra gli assistenti, figuriamoci nei tifosi. In questa giungla le forze in campo tra fuorigioco attivo e passivo si sono ribaltate: prima i casi di partecipazione all’azione (punibili) erano tanti, ora sono ridotti al lumicino, al limite dell’estinzione.
COME SI BATTE UN RIGORE Interrompere la rincorsa prima di un rigore era cosa vietatissima. Ora non più: si possono fare tutte le finte che si vogliono, fino a quando non si raggiunge la distanza di tiro (circa un metro dal dischetto), a quel punto bloccarsi è vietato e porta alla ripetizione del penalty in caso di gol.
ALTRE LEGGENDE Per chiudere un paio di chicche. Tutti sanno che un rigore calciato sul palo o sulla traversa (senza deviazione del portiere) non può essere ripreso dal giocatore autore del tiro. Il motivo? Non perché scatta il fuorigioco, ma solo per il divieto di toccare due volte il pallone. E infine direttamente dai campetti di periferia: «Rigore seguito da gol è gol». Non è così. Se l’arbitro fischia, il gioco s’interrompe e la successiva rete annullata. Se invece si accorge del possibile vantaggio...