GASPORT (C. ZUCCHELLI) - Magari la foto che la Roma ha pubblicato, in cui è sul volo per Torino sorridente, può essere di buon auspicio. Perché certo, non è stata una settimana facile per Daniele De Rossi. Il dolore alla vertebra lo ha tormentato e lui che non aveva voluto rendere pubblico il suo malessere prima della sfida contro il Napoli è stato costretto a farlo, visto che non si è allenato praticamente mai coi compagni. Lo ha fatto ieri e questo autorizza a pensare che oggi sarà titolare: massiccia dose di antidolorifici, voglia di non abbandonare la squadra in difficoltà. Rieccolo il cuore di Roma: De Rossi, Florenzi uomo ovunque e Totti pronto allo sprint finale.
IL FUTURO - Il secondo posto e il conseguente piazzamento in Champions renderebbero la permanenza di De Rossi a Roma quasi scontata. Questione di stimoli, di voglia di vincere e di stipendio: il suo è il più caro della rosa, chi ha voglia di criticarlo lo ricorda un giorno sì e l’altro pure, chi lo difende spera che, oltre al conto in banca, il prossimo anno possa crescere anche la sua bacheca. Che finora, in giallorosso, si limita a due Coppe Italia e una Supercoppa. Sogna lo scudetto, De Rossi, ferito forse più di altri da quello che poteva essere e non è stato. Per capirlo basta andare indietro con la memoria, riavvolgere il nastro e ritrovarsi a Empoli, seconda giornata: la Roma soffre ma vince e più dell’autogol di Sepe l’immagine simbolo di quel giorno è la rabbiosa esultanza di Daniele al fischio finale, evidentemente convinto che la sua squadra si sarebbe giocata il campionato fino all’ultimo secondo. Così non è stato, la delusione è tanta, le critiche pure e inevitabilmente, con un contratto in scadenza nel 2017, si sono riaffacciate le voci di un addio in anticipo.
IL PRESENTE – L’ipotesi Usa lo affascina e non lo ha mai nascosto, il Boca è un sogno e tale resterà, con buona pace del suo amico Osvaldo, la Premier è un campionato che sembra fatto su misura per lui. Discorsi prematuri? Forse. Perché in fondo De Rossi continua ancora ad ascoltare il cuore. E il cuore dice Roma, per provarci ancora, per provare a vedere l’effetto che fa, per capire se è vero, come dice Totti, che uno scudetto a Roma vale come dieci coppe del mondo.
IL PASSATO - La partita di oggi sa tanto di snodo fondamentale. E il Torino, per De Rossi, uno snodo lo ha sempre rappresentato, visto che ai granata ha segnato un solo gol in carriera. Ma di quelli che contano, perché è stato il primo in Serie A. Era il 10 maggio del 2003, non aveva neanche 20 anni, con lui giocava e segnava Cassano, e fa sorridere pensare che lui, quando realizzò quella rete ai granata, lo fece quasi più per se stesso che per la Roma: «Sapevo che volevano mandarmi in prestito e quindi il gol era un modo per dire ci sono anche io alle squadre che mi dovevano prendere. Ma era anche un modo per dire ai tifosi, all’allenatore, al presidente della Roma che io c’ero e che potevo rimanere con loro. Così è stato». E il «ragazzino», come lo chiamò quel giorno Franco Sensi, non si è più mosso.