IL FATTO QUOTIDIANO (V. IURILLO) - Ignorate le impavide dichiarazioni autoassolutorie di Luciano Moggi, che intervistato da Repubblica liquida con un “fa ridere” l’accusa di associazione a delinquere e scambia la prescrizione per la salvezza della Procura di Napoli invece che della propria. Le sentenze definitive dicono altro. Dicono il contrario. Il dispositivo di Cassazione di Calciopoli, la spugna della prescrizione che lava i reati ma non i peccati del pallone sporco, stabilisce come verità giudiziaria una circostanza che dovrebbe far sobbalzare: 13 partite di Serie A e una di Serie B furono truccate grazie all’azione consapevole di almeno 15 persone ben introdotte nel gotha del calcio professionistico. Tra questi, alcuni tra presidenti e dirigenti sportivi delle principali squadre, il vice capo della Federazione, designatori e arbitri. In un altro paese sarebbe successo il finimondo, e qui invece c’è chi prova a fare la vittima.
Le sentenze vanno conservate, lette e studiate. Abbiamo preso il dispositivo di sentenza della Terza Sezione Penale di Cassazione presieduta dal giudice Aldo Fiale e lo abbiamo sovrapposto alle motivazioni delle sentenze di appello del processo Moggi+altri, svolto con rito ordinario, e del processo Giraudo+ altri, celebrato con l’abbre - viato. In questo modo abbiamo estratto dalle carte i fatti per i quali ci sarebbe stata condanna se i dibattimenti si fossero conclusi in tempi più brevi. È provato che si intervenne per truccare le seguenti partite: Juventus- Lazio 2-1 del 5 dicembre 2004; Fiorentina-Bologna 1-0 del 5 dicembre 2004; Reggina- Brescia 1-3 del 5 dicembre 2004; Bologna-Juventus 0-1 del 12 dicembre 2004; Cagliari-Juventus 1-1 del 16 gennaio 2005; Juventus-Udinese 2-1 del 13 febbraio 2005; Sampdoria-Reggina 3-2 del 20 febbraio 2005; Chievo-Lazio 0-1 del 20 febbraio 2005; Lazio-Parma 2-0 del 27 febbraio 2005; Roma-Juventus 1-2 del 5 marzo 2005; Milan-Chievo 1-0 del 20 aprile 2005; Chievo-Fiorentina 1-2 dell’8 maggio 2005; Arezzo-Salernitana 1-0 del 14 maggio 2005 (l’unica sfida di B); Lecce- Parma 3-3 del 29 maggio 2005. Ed è altrettanto provato che la Cupola non è un’invenzione dei giornali.
Esisteva ed è “definitivamente accertata”, anzi, per usare le parole del Pg Gerardo Mazzotta, “è provata l’esistenza dell’associazione a delinquere finalizzata alla frode sportiva come emerge dalle intercettazioni, dal sistema di schede estere riservate e dal perseguimento del fine di predeterminare gli esiti delle partite e la designazione del vertice della Lega Calcio”. Ne facevano parte, ed è Cassazione, il dg della Juventus Luciano Moggi, l’ad Antonio Giraudo, il vicepresidente della Figc Innocenzo Mazzini, il designatore arbitrale della stagione 2004-2005 Pierluigi Pairetto (la posizione dell’altro designatore, Paolo Bergamo, è stata stralciata per una dichiarazione di nullità della sentenza di primo grado ed è ancora in attesa di definizione), l’arbitro internazionale Massimo De Santis (se non fosse scoppiato lo scandalo avrebbe dovuto rappresentare i fischietti italiani al Mondiale 2006), l’arbitro Salvatore Racalbuto, il direttore sportivo del Messina Mariano Fabiani. E le partite del campionato 2004-2005 sulle quali hanno indagato i pm di Napoli Giuseppe Narducci e Filippo Beatrice non sarebbero state falsate senza il contributo determinante, ma penalmente prescritto, del presidente della Lazio Claudio Lotito, del presidente della Fiorentina Andrea Della Valle e del fratello Diego Della Valle, patron dei viola, del presidente della Reggina Pasquale “Lillo” Foti, del dirigente del Milan Leonardo Meani, dei guardialinee Claudio Puglisi e Stefano Titomanlio e dell’amministratore esecutivo della Fiorentina Sandro Mencucci.
Molti di loro erano stati già beneficiati in Appello dalla prescrizione per le accuse di frode sportiva. Ma hanno comunque fatto ricorso in Cassazione. Nel tentativo di ottenere una assoluzione vera. La Suprema Corte ha rigettato. Resta la macchia. Quei fatti, quelle partite, diventano una verità processuale. Assolti nel merito gli arbitri Paolo Bertini e Antonio Dattilo: “il fatto non sussiste”. Hanno rinunciato alla prescrizione, come De Santis, che rimane incredibilmente l’unico condannato di questo processo.
Nell’attesa delle motivazioni di Cassazione, va ricordato che in quelle dell’Appello si legge: “Appare indubbio che sia emerso un sistema ben collaudato, peraltro già operante dagli anni 1999-2000, fra soggetti che sulla falsariga di ‘rapporti amichevoli’ (…) ponevano in essere condotte finalizzate a falsare la reale potenzialità di alcune squadre di calcio”. Sette anni di campionati falsati. La stagione 1999-2000 è proprio la stagione d’esordio dei designatori Pairetto e Bergamo, ritenuti asserviti al sistema Moggi. Uno scenario già ipotizzato dai giudici di primo grado, quando scrivono di campionato ’99-00 “sostanzialmente condizionato sino alla penultima giornata: quando si giocò Juventus-Parma, diretto da De Santis, e terminato con il risultato di 1-0”. La partita del gol annullato al parmense Fabio Cannavaro per un fallo inesistente. Poi la Juve perse lo stesso lo scudetto, sotto il diluvio di Perugia. Ma questa è un’altra storia.