GASPORT (N. BERARDINO) - Signori si nasce. Nel derby forse signori si diventa, a dar retta a Radja Nainggolan e Felipe Anderson. Che passetto dopo passetto si sono presi Roma e Lazio. E che ora si trovano a giocare il loro primo derby. Signori si diventa, proprio vero allora. Perché lo dice la storia. Prendi il belga, un anno dopo l’arrivo a Trigoria. Prendi il brasiliano, che 12 mesi fa i dribbling li faceva vedere solo a Formello, mai all’Olimpico. È cambiata la musica, ora è vera sinfonia. Maestri in campo, in fondo si può esserlo in modo tremendamente diverso.
TESTA E CUORE Si può esserlo con la cresta di Nainggolan. Una cresta intera, a metà c’è solo il cartellino. Ma è il rendimento che interessa a Rudi Garcia. E gli interessa talmente tanto che a Udine il francese ha fatto riposare il centrocampista, in odore di squalifica causa diffida. Risultato? Nainggolan e altri 10, contro la Lazio. Roba che di solito si dice dei fuoriclasse. E il Ninja salta, corre e tira per tre, nel cuore della Roma. Lo raccontano pure i numeri: non c’è giocatore tra i giallorossi che ha calciato verso la porta avversaria più di lui. Ventidue volte, 22 tentativi. E tre riusciti, perché tanti sono i gol segnati in questo campionato. Dove ha fatto vedere di tutto. Una sforbiciata a Genova, un tapin con la Fiorentina, un gol da tre punti a Bergamo: quando segna Nainggolan la Roma vince. Dura allora rinunciare a lui nel derby. Impossibile, meglio. Perché il derby è da sempre partita di lotta, oltre che di governo. Di cuore, oltre che di testa. È il pane del Ninja, che in 16 partite ha sganciato 42 contrasti, di cui 32 vinti: due a partita, di media. Due palloni guadagnati, due possessi: il calcio non è certamente il basket, ma per una squadra come la Roma che fa delle ripartenze il suo core business, strappare un pallone agli avversari diventa un fattore fondamentale all’interno dei 90 minuti.
IL MURO E Nainggolan lo è, altro che storie. Non è un caso che a Trigoria il riscatto del cartellino del belga diventi sempre più una priorità ogni giorno che passa. In campo la sua leadership è riconosciuta, lo sanno bene alla Roma quanto sia difficile convincerlo del contrario, una volta che si è messo in testa una cosa. Il Ninja è un muro, spesso e volentieri pure per gli avversari. È il giocatore che ogni tifoso vorrebbe in campo, in un derby. È l’uomo da 1.200 minuti e da 1.000 passaggi, di cui quasi 600 nella metà campo avversaria: baricentro alto, quasi quanto sta diventando la sua cresta. È il centrocampista con più falli subiti che fatti: difficile stargli dietro, del resto.
PRIME VOLTE Un po’ come a Felipe Anderson, a ben guardare. Ormai è chiara la strategia del brasiliano. Se c’è una prima volta da conquistare, si lancia all’assalto, tira fuori dal cilindro il dribbling giusto e lascia il segno. Negli ultimi 40 giorni, ha collezionato una serie di prime volte da esibire come trofei. Il debutto da goleador in A (a Parma), in Coppa Italia (al Varese), all’Olimpico in campionato (Sampdoria) e con una doppietta (contro l’Inter). Domenica, scoprirà, dopo un anno e mezzo a Roma, come si vive sul campo il derby dell’Olimpico. Nelle due sfide della passata stagione, è rimasto in panchina. Questa volta, ha il posto da titolare garantito. Quattro gol e altrettanti assist nelle ultime quattro partite nella scia di bagliori che hanno svelato la nascita di un campione. Tutto ancora da scoprire in un talento che, a 21 anni, appare da alti traguardi. Tutto da seguire nella maturazione di un giocatore che, dopo aver trovato diversi ostacoli di ordine tattico nel passare dal Brasile alla Serie A, ha scoperto la rampa per la propria esplosione nel suo temperamento.
L’ARTISTA Brasiliano non solo di passaporto. La sua patria emerge nel repertorio fornito dalla natura carioca e allevato alla scuola del Santos nella nidiata che vide risplendere Neymar. In Brasile, il dribbling è l’arte per eccellenza nel calcio. Felipe Anderson ha imparato a sfoderarlo per la squadra non solo quando deve specchiarsi. Anzi, i riflessi dei suoi colpi sembra che non gli interessino. Meglio vederli al servizio dei compagni. Così è il migliore della squadra per numero di dribbling riusciti, ben 43. Numero confinante con un altro, che esalta l’Anderson pronto a rimboccarsi le maniche: 45 i palloni recuperati che si aggiungono ai 9 intercettati. Risplende Felipe Anderson nell’universo Lazio. Con la prepotenza di chi è svelato improvvisamente. Quindici presenze, ma solo 7 volte da titolare, delle quali 4 negli ultimi 360 minuti, quelli del boom. Ha trovato la sua svolta sulla destra, al posto di Candreva. Che domenica torna da titolare e riprenderà la sua corsia abituale e Anderson dovrà traslocare sulla sinistra. Ma la sua forma straripante non adombra rischi. Verso il derby Anderson ha anche il vento alle spalle dell’amore del popolo biancoceleste. Che ha scoperto in casa chi può cambiarti la partita in ogni istante. Se lo facesse anche domenica, entrerebbe di corsa con un dribbling dei suoi nella storia della Lazio