IL TEMPO (T. CARMELLINI) - Prove tecniche di suicidio in diretta: l’ennesimo. La Roma lo aveva fatto un’altra volta, era riuscita nella difficile impresa di dominare una partita giocata per un tempo in superiorità numerica, sbagliare un rigore, andare in vantaggio e rimediare il gol beffa all’ultimo assalto. Incredibile ma vero, se non fosse stata per la perizia di una guardalinee (per una volta), che ha annullato per fuorigioco (giusto) il gol di Rincon che sarebbe valso il pareggio del Genoa al novantatreesimo.
C’era tutta la storia «nera» della Roma nel giorno in cui la Juventus capolista concede per la seconda volta qualcosa agli inseguitori. Il rigore parato dal portiere genoano al suo primo minuto in serie A (Lamanna un cognome, un destino), la decina di gol sbagliati in maniera incredibile durante tutto l’arco di una partita, a Marassi che gli uomini di Garcia avrebbero dovuto chiudere con largo anticipo.
Invece, come se non fosse bastata la lezione di Mosca o del Sassuolo, che aveva fatto sfumare il primo «scivolone» bianconero, la Roma ha mostrato tutti i suoi limiti quando c’è da chiudere le partite. Assalita dal «braccetto» del tennista la squadra di Garcia ha faticato a trovare la porta negli ultimi metri: troppo per una squadra che vuole vincere qualcosa e che quest’anno sembra faticare a trovare la via giusta nei momenti cardine. Il problema forse è più di testa che non di gambe.
Il bilancio, comunque, alla fine è positivo, Totti & Co. si portano a un solo punto dalla Juventus e riaprono un discorso che per certi versi sembrava invece già chiuso. Già, perché oltre al già detto tentativo di suicidio, Garcia riporta a casa anche qualche certezza in più. La prima riguarda un giocatore divenuto, partita dopo partita, fondamentale per questa squadra: Nainggolan. E non solo per il gran gol che vale tre punti pesantissimi ed è il centesimo della Roma in campionato nell’era Garcia, ma anche per il contributo che riesce a dare in mezzo al campo. L’altra nota positiva è il ritorno ai massimi livelli di Florenzi: proprio nel giorno (ma la crescita risale già a qualche settimana dietro) nel quale si ritrova unico romano in campo.
Garcia è premiato per la scelta di andare a Genova senza un attaccante centrale (mandare Totti in panchina è sempre un rischio), è stato bravo a capire che tipo di partita doveva fare la Roma, anche se qualche cambio lo poteva fare anche prima, visti gli avversari in dieci e le fatiche della Champions ancora nelle gambe di molti dei suoi uomini. I numeri alla fine gli danno ragione, la Roma si ritrova dopo quindici giornate di campionato con due soli punti in meno rispetto alla scorsa stagione (la Juve tanto per dirne una ne è a -4) e se dovesse vincere sabato prossimo all’Olimpico contro il Milan si ritroverebbe esattamente con gli stessi punti dell’anno precedente dopo sedici giornate.
Ma in questa giornata di festa non poteva mancare un finale amaro. Nel dopo-gara le dichiarazioni del presidente rossoblu Preziosi (imbufalito per l’espulsione di Perin nell’occasione del rigore romanista) non sono ammissibili da un presidente di serie A. L’accostamento alla Mafia Capitale (che ben altre cose muoveva a Roma) non fa bene al suo Genoa e al calcio in genere. Ma come, non dovrebbero essere proprio loro a stemperare i toni? Eppoi qualcuno direbbe: ma da che pulpito viene la predica!?