GASPORT (C. ZUCCHELLI) - Non che ci fosse bisogno dell’ennesimo tatuaggio per scoprirlo ma, come dimostra una foto pubblicata ieri su Facebook, sulla gamba di Radja Nainggolan è comparsa una tigre con un veliero e la scritta «Fighter». Che il belga, in queste settimane abbonato alla cresta bionda, ami decorare il corpo con scritte, disegni e simboli non è una novità: sul petto ha una scritta vistosa, «One life, one wish», sulle spalle un enorme paio d’ali in ricordo di sua madre e sul braccio, tra gli altri, una carpa, che in Oriente è simbolo di coraggio. Altra qualità che non manca a questo centrocampista di origine indonesia na che ha visto per la prima volta l’Indonesia un anno e mezzo fa: il nome vuol dire re ed è un ricordo del padre, che abbandonò lui e la famiglia quando aveva 5 anni. La sua storia, di uomo ancor prima che di calciatore, è scritta da tempo sulla pelle.
AMORE E ODIO - È arrivato per essere la prima riserva a centrocampo, è diventato titolare fisso e imprescindibile. E non solo per l’infortunio di Strootman. Il suo mondo, anche quando è scomodo da raccontare (vedi la litigata furiosa con la moglie Claudia), finisce su Twitter un giorno sì e l’altro pure: Nainggolan non si nasconde, pregi e difetti. Regala la sua maglia a un bambino che piange fuori Trigoria e poi chiede, via social, di averne una foto; ringrazia gli ex giocatori che si complimentano (ieri è stato il turno di Vincent Candela), dice a un tifoso che ce l’ha al fantacalcio che si fa ammonire meno del solito e, per non farsi mancare niente, litiga con i tifosi avversari. L’ultimo esempio: a chi faceva notare, a lui, Pjanic e Holebas, quanto Pogba fosse più forte, la sua risposta è stata forte e chiara: «E allora non scriverci ca... E divertiti con lui»