IL TEMPO (T. CARMELLINI) - Finisce così, con un'altra sconfitta: la terza. La Roma saluta la Champions League e i 15 milioni che l'accesso agli ottavi avrebbe portato. Alla squadra di Garcia non bastano una vittoria e due pareggi per entrare tra le sedici più forti d'Europa e finisce in Europa League.
A conti fatti giusto così, la percezione della serata, intrisa di rabbia e dolore (sul trespolo c'era di tutto e di più), trasmette tutti i limiti di una squadra che a fine gara va sotto la Sud a raccogliere comunque il tributo del suo pubblico che intona un «vinceremo il tricolore» che ha dell'incredibile. Stanca, un po' sfortunata, ma soprattutto consapevole, dopo i due gol rimediati contro il City, che in questo momento il suo target non può essere ancora la Champions. O almeno non gli ottavi di finale che restano un sogno anche per questa Roma targata Garcia e tutti i suoi limiti. Una squadra che continua a riscoprirsi debole quando è chiamata a fare il salto di qualità e sbaglia tutte le partite cruciali.
Al gelo dell'Olimpico in novanta minuti la sintesi della stagione di Champions della Roma: parte forte, sbaglia molto, poi si ferma e accusa il ritorno del City che sembra averne di più nonostante le assenze. Nell'Europa che conta chi sbaglia paga e quella musichetta intrigante, felicità dei tifosi, torna ad essere un miraggio che sfuma in dissolvenza mentre sullo sfondo si concretizzano i sedicesimi di un'Europa League davvero infinita.
SUBITO ROMA MA IL CITY C’È Pronti via la squadra di Garcia (che ha mandato in panchina De Rossi e messo Ljajic nel tridente con Totti e Gervinho) sembra arrivare da tutte le parti, gli inglesi accusano e restano imbambolati con i giallorossi vicinissimi al gol almeno tre volte nei primi dieci minuti. Ma c'è poca lucidità negli ultimi metri, un po' di sfortuna e il City, dopo un quarto d'ora da dimenticare, rientra in partita. Così De Sanctis si salva prima dalla botta da fuori di Milner, poi Dzeko non trova la porta qualche minuto più tardi. La Roma sta lì, ci prova nelle ripartenze con un paio di lanci spettacolari di Nainggolan tra i migliori in campo. Su uno di questi Hart deve fare un miracolo per togliere dall'angolino il diagonale del solito Gervinho. Ma la svolta non arriva.
LA CHAMPIONS NON È LA SERIE A E non basta perché nell'Europa che conta chi sbaglia paga e la seconda occasione non ti è concessa: mai. Così, mentre la Roma si perde, Totti fatica a trovare il suo consueto passo, Maicon naufraga e Pjanic non è certo in gran serata, il City prepara il colpaccio. Nonostante le assenze pesanti, in campo per gli inglesi c'è gente abituata a giocare questo tipo di partite.
Il coniglio da cilindro lo estrae Nasri dopo un'ora di gioco: botta secca da fuori, palla che sbatte sulla parte interna del palo e piega De Sanctis con tutta la Roma. Sull'Olimpico cala un silenzio spettrale, Garcia prova a cambiare (dentro Destro, Iturbe e poi Florenzi), va un po' meglio ma le cose non cambiano.
Anzi, a cinque dal termine, dopo aver colpito un palo, sbagliato un gol incredibile e spinto sull'acceleratore finché ne ha avuto, la Roma viene affondata dal secondo gol del City targato Zabaleta. Finisce così, il Bayern fa il suo col Cska e la Roma si ritrova in Europa League: alla fine giusto così. Due partite buone su sei sono troppo poche per entrare nel gotha del calcio europeo. E lunedì dall'urna di Nyon Garcia & Co. scopriranno il loro futuro nell'Europa di scorta.