GASPORT (A. ELEFANTE) - Il buongiorno non era stato da alba di un nuovo rapporto club-Nazionale, l’arrivederci forse lo sarà. Ma se l’incontro di ieri fra Antonio Conte e buona parte dei tecnici di A non sarà stato solo un condensato di buoni propositi, ma anche di propositi concreti (di una diversa collaborazione), non dipenderà solo dall’ora e mezza di confronto di ieri. Il c.t. l’ha buttata lì con un sorriso eloquente: «Forse questa riunione avrei dovuto farla con i dirigenti: alla fine decidono loro». Dunque l’Assemblea di Lega, che venerdì dovrà dare parere positivo almeno allo stage di tre giorni ipotizzato dal 9 all’11 febbraio. Con conclusione fissata a otto giorni dagli impegni in Europa League di cinque squadre italiane e a 13 giorni dall’andata degli ottavi di Champions League della Juve. Ma a sentire il presidente della Lega Beretta («Le società hanno a cuore la Nazionale e sono legate ai suoi destini»), almeno questo segnale da parte dei club pare abbastanza scontato.
I BATTIBECCHI Quando per due volte il presidente Tavecchio, uscito in anticipo, aveva spiegato che «di sopra si stanno parlando con grande franchezza » si era capito che in quella sala, al momento del buongiorno, non erano volate solo parole al miele. «Senza ghirigori», ha ammesso il c.t., che al primo punto del suo piano di discussione aveva messo il capitolo «relazioni». Quello che ha sollecitato il vigoroso intervento per primo di Sinisa Mihajlovic: «Da c.t. della Serbia con i club avevo un confronto costante: com’è possibile che questa non sia considerata una regola?». Conte ha fatto esempi negativi (la convocazione di Chiellini che quando allenava la Juve definì «ineducata») e positivi (contatti con Mazzarri e Inzaghi a proposito di Osvaldo e Abate). Ma al suo «in tre anni di Juve non mi ha mai chiamato nessuno», è nato spontaneo il battibecco. Con Donadoni: «Io con Prandelli parlavo ha precisato e mi telefonava anche lui». E poi con Allegri: «Se non conta chi chiama, non potevi chiamare tu Prandelli?». «E perché in questi quattro mesi, da quando sono c.t., tu non mi hai mai chiamato?».
TAPPA A VINOVO Un modo franco, per dirla con Tavecchio, per arrivare poi a voltare pagina. Non solo nei rapporti con la Juve, recentemente freddini (eufemismo): «Ma proprio ieri sera ho rivisto con piacere Marotta, alcuni miei giocatori e Andrea Agnelli che è stato fin troppo buono a darmi solo del permaloso: io sono molto permaloso. E nel 2015 conto di andare a Vinovo (sarà l’unica tappa mancante, assieme a Parma, nel suo «tour» a casa dei club, visto che nei prossimi giorni il c.t. andrà a Sassuolo e Cesena)». Ma anche nei rapporti con i colleghi, «perché so quello che gli passa per la testa, visto che fino a quattro mesi fa passava per la testa a me». Partendo da questo presupposto, ieri alla fine tutti hanno convenuto su una cosa: non è importante chi chiama, ma è importante che ci si parli di più. «Per avere un rapporto più continuo e diretto, basato sulla trasparenza». Con gli allenatori «e anche con i preparatori », perché al punto due Conte aveva messo le «informazioni»: «E’ fondamentale, a proposito dei giocatori, avere un feedback a 360°. Non solo sullo stato fisico, ma anche psicologico».
DATEMI UNA MANO Al punto tre i «problemi emersi», uno su tutti: «Ed è allarmante: un tempo il club era la vetrina per la Nazionale, ora la Nazionale è la vetrina per i club. Molti dei miei convocati, a volte addirittura il 40%, non sono titolari e allora ho chiesto una mano: a fine partita, un’integrazione di lavoro per chi è rimasto in panchina o ha giocato solo 20’. Alla Juve l’ho sempre fatto. Poi, certo, è questione anche di amor proprio da parte di chi è nel giro della Nazionale». Ma restano i club i veri destinatari delle richieste che il c.t. ha messo alla base dei suoi programmi per il futuro. Tre punti chiave (qui a fianco) dei quali Conte ha voluto informare i colleghi: sperando da ieri di averli, se non come alleati, perlomeno non come avversari.