GASPORT (D. STOPPINI) - Si apra pure il dibattito. Di qua il primo partito, quelli che nella vita è comunque giusto provarci, hai visto mai che il partner dei tuoi sogni ti dice sì, che il lavoro agognato diventa realtà, che «una possibilità su 10» di fare risultato all’Allianz Arena esiste, esiste davvero. E poi c’è il secondo schieramento, quelli del «lasciate ogni speranza o voi che entrate». Ecco, Rudi Garcia in 15 giorni è passato da una parte all’altra, ricordando in maniera sinistra la sconfitta romanista (sempre per 2-0) del 15 settembre 2010, allenatore Claudio Ranieri. In Germania il tecnico francese ha votato all’opposizione. Già, perché la Roma di Monaco ha tirato in porta per la prima volta al minuto 39 del secondo tempo, a giochi fatti, partita chiusa, birre bevute e wurstel digeriti.
Quanta paura - Ora però per l’allenatore c’è da digerire un’altra sconfitta, la quarta nelle ultime sette partite, la più lontana per concetto dall’idea di Roma impostata in un anno e mezzo. E allora tornano in mente le parole del d.s. Walter Sabatini, che dopo Napoli aveva raccontato: «Non possiamo pensare che una sconfitta per 7-1 non lasci strascichi. Siamo moderatamente preoccupati, dobbiamo lavorare per recupe- rare un’idea di noi stessi. A Monaco ci libereremo della sindrome di Stendhal». Un’opera d’arte in effetti può davvero far paura, Garcia s’è spaventato e i giocatori l’hanno seguito. Danni limitati, c’è da accontentarsi? «Ma contro il Bayern tutte le squadre alle fine risultano insufficienti», dice lui. Lui che contro i bavaresi proprio non riesce a cavarsela: quarta sconfitta su quattro partite per l’allenatore, sommando anche i precedenti con il Lilla. E i gol subiti sono diventati 16. «L’importante era difendere bene, l’abbiamo fatto se è vero che il Bayern non ha avuto molte occasioni — ancora l’allenatore —. Avevamo preparato due strategie, abbiamo giocato con un modulo inedito per noi, anche se negli ultimi 15’ siamo tornati quelli di sempre. Peccato per il primo gol perché fino a quel momento stavamo difendendo bene. Non abbiamo sfruttato alcune situazioni pericolose, Neuer è un portiere fortissimo. Avremmo potuto fare di più. Ma sono fiero dei miei ragazzi: non è stata una resa, dovevamo uscire a testa alta e ci siamo riusciti».
Testa al Torino - È il momento più difficile, in campo e nelle parole, nei gesti, negli sguardi, nei palloni sparati in avanti dai suoi giocatori, con Garcia a girarsi continuamente verso la panchina, quasi a cercare conforto. Il tutto 19 giorni dopo aver urlato al mondo intero che «sì, ho capito che la Roma vincerà lo scudetto». Parole pesanti come macigni, quasi una linea di confine. Il campionato resta la priorità, ecco perché Garcia dice: «Ho voluto risparmiare qualcuno sul piano fisico per domenica. Giocano sempre gli stessi, stavolta si sono fatti male Florenzi e Holebas (oltre a Keita: guaio muscolare nel finale, ndr): ecco il nostro vero problema». La Champions al momento è solo lo sfondo: «Ma siamo secondi in classifica, questo ci dà fiducia. Il destino è nei nostri piedi, il peggio è passato». Già, non sempre si incontra il Bayern.