Le mille verità di Sabatini: Lamela, Rudi, il tricolore...

15/11/2014 alle 10:40.
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GASPORT (M. CALABRESI) - A , per lo Slideshow su Roma Tv, hanno fatto trovare un posacenere, tutti convinti che in un’ora di confessioni si sarebbe sparato un pacchetto di sigarette. E invece no: , sapendo di poter fumare, non lo ha fatto. Forse per una reazione tipica del suo carattere controcorrente, sicuramente perché inghiottito dalle foto che gli scorrevano davanti. Lui solo (per un amante di Marquez, il massimo) con lo schermo, l’ufficio stampa alle spalle, nessuno a intervistarlo: bella idea, quella di lasciar parlare le immagini, soprattutto se a fare le didascalie è un personaggio così. Un d.s. atipico, che gira con due orologi di cui uno puntato sull’orario del Sudamerica, che tanti anni fa «riusciva a ridere spontaneamente ed era più gioioso». In pochissimi lo avevano visto con gli occhi lucidi: ieri, si è scoperto che sa anche emozionarsi. Lo fa quando gli mostrano una foto di Renato Curi, l’unica che sa di conservare, dopo aver distrutto tutto il resto dei ricordi di carta. Bambino, giocatore, romanista («C’erano i presupposti per costruirsi una bella storia, ma non è stato così: ero limitato cerebralmente»), compagno di Francesco Rocca («il più grande calciatore con cui abbia mai giocato»), figlio, marito e poi papà di Santiago.

La scelta di Il nome dato a suo figlio gli ha fatto conoscere Luis Enrique da una prospettiva diversa. «Una persona di un’onestà non replicabile», ma che a Roma ha fallito. Come il Baldinibis, almeno nei risultati sportivi: «Mi ha convinto due volte a scegliere la Roma poi, quando si è dimesso, ho pensato di farlo anch’io, prima di far valere il senso di responsabilità. Ma se fosse rimasto, me ne sarei andato». Invece no, è al suo posto, con Pallotta («ha un’intelligenza guizzante, riuscirà in tutto quello che si è messo in testa»): ha preso e visto partire Pastore e Lamela («tifo per loro») e scelto , che ha chiesto espressamente di vedere l’intervista fotografica. «Avevamo bisogno di serenità combattiva, di andare in trincea ma con la tranquillità. Gli ho fatto una domanda supplementare, chiedendogli che rapporto volesse costruire con la squadra: mi ha risposto che ama la sua squadra. Due parole decisive».

Giorni nostri Il post 26 maggio lo ha segnato: «Lo striscione dei tifosi all’Open Day («Non saper rimediare a una sconfitta è peggiore della sconfitta stessa, ndr») ha fatto sì che la Roma diventasse un impegno mentalmente superiore». Anche se non avesse alzato l’asticella, i fatti di JuventusRoma lo avrebbero fatto avvelenare lo stesso: «Una partita che ha raccontato che Roma e giocano alla pari. Ho accettato il risultato e la forza della , dicendo però che i tre gol non erano regolari. Avremo altre partite, dovremo dimostrare di essere più forti». Dominando, come sembra fare sul tetto di Trigoria: «Ma quando scendo, mi illudo di aver visto tutto». Tutti si sono illusi di vedere non fumare: nella foto della sua scrivania, invece, ci sono tre pacchetti di sigarette impilati, dietro tappi di sughero. «Sono di bottiglie che apro quando c’è l’occasione». Se ne stapperà per le vittorie della Roma, di sicuro davanti alle foto si commuoverà ancora.