IL MESSAGGERO (S. CARINA) - «Siamo i più forti in Italia. Proveremo a vincerle tutte ma dopo domenica non dipende più da noi. Abbiamo preso tre gol irregolari. Meglio però che stia zitto, mi hanno detto di non parlare di quello che è successo...». Firmato Adem Ljajic. Chi pensava che il messaggio distensivo lanciato martedì da James Pallotta («Dovremmo fare tutti un respiro profondo e calmarci un po’. Il calcio è un gioco che va a mille all’ora e a volte emergono errori e controversie: questo è un discorso valido per tutti») fosse propedeutico per voltar pagina, si sbagliava di grosso. Le parole dell’attaccante serbo a Roma Radio riaccendono inevitabilmente la polemica, in realtà mai sopita. Anche perché da parte bianconera, non si perde occasione per continuare a stuzzicare i rivali. Dopol’affondo di Pavel Nedved e il tweet di Leonardo Bonucci (seguito poi dalle spiegazioni del difensore in nazionale), ci ha pensato il centravanti Alvaro Morata, dal ritiro dell’under 21 spagnola, a rincarare la dose: «Se loro avessero vinto non avrebbero detto nulla. È stata una gara molto calda, non è facile assimilare una sconfitta in una sfida così importante, soprattutto se arrivata negli ultimi minuti - ha detto l’ex Real al portale Goal.com - Totti è un grandissimo giocatore, storico. Ma non avrebbe dovuto dire quelle cose».
TUTTI CON FRANCESCO Apriti cielo: un’altra stoccata al capitano giallorosso. L’ennesima. È proprio per questo motivo che nella tifoseria in molti non hanno condiviso l’uscita di Pallotta. Anche perché nelle corde del presidente l’animus pugnandi non manca. Ieri nelle radio locali, stella polare degli umori della piazza, non stati in pochi a ricordare la forte presa di posizione avuta con Benatia a settembre e c’è anche chi è andato a ripescare le dichiarazioni che costarono qualche anno fa all’imprenditore statunitense una squalifica (e 100 mila dollari di multa) per aver contestato l’operato degli arbitri nella finale dei Celtics (dei quali è azionista) contro i Lakers. Dimostrazione che il presidente non ha timore ad esporsi. Ieri ad esempio ha ironizzato con la stampa inglese (è a Londra per il convegno «Leaders Sport Business Summit»), riguardo a Strootman: «Ho già detto che dovete smetterla di sprecare tanta carta, non abbiamo nessun interesse a vendere Kevin. È ovvio, siamo uomini d’affari e ascoltiamo sempre le offerte allettanti ma il nostro obiettivo è costruire una grande squadra, non fare un sacco di soldi ». Se martedì ha preferito una linea soft, dunque, ci sono dei motivi. E proprio di questi si discute in città, tanto da alimentare l’impressione in una grossa fetta della tifoseria che società e squadra viaggino su binari paralleli. Da un lato la dirigenza, più incline a non concedere alibi al gruppo e a non alterare i rapporti politici con la Juventus. Dall’altro Garcia e i suoi ragazzi che invece si sentono semplicemente defraudati. Prima Totti, poi De Sanctis, ora Ljajic, senza dimenticare le frasi sibilline del tecnico francese: i messaggi che arrivano dallo spogliatoio sono inequivocabili.
CONSENSI PER JIM Tuttavia come spesso accade la verità è nel mezzo. È chiaro che la scelta di replicare in modo pacato è legato ad una strategia societaria. Con il suo messaggio Pallotta ha ritenuto fosse arrivato il momento di voltare pagina, non avendo certamente come proposito quello di contrapporsi alle dichiarazioni di Totti. Una linea sceltadalui e condivisa a Trigoria dove in realtà lunedì, non sono stati in pochi ad essere combattuti sul rispondere o meno ai reiterati affondi dei tesserati bianconeri. Alla fine però ha prevalso la volontà del presidente, molto apprezzata dalle istituzioni sportive, Giovanni Malagò in primis: «Ho letto le dichiarazioni di Pallotta – ha detto il ieri il numero uno del Coni - Applausi sotto tutti i punti di vista, devo dire una lezione di stile. Se è un caso che non sia italiano?Non credo».