LA REPUBBLICA (M. MENSURATI) - La mannaia di Renzi si abbatte via twitter sul mondo del calcio. Alle 15.59 di ieri il premier cinguetta quello che tutti in Figc e in Lega temono già da qualche giorno. «Gli straordinari delle forze dell’ordine impegnate negli stadi devono essere pagati dalle società di calcio, non dai cittadini» scrive il premier, motivando così la decisione, nell'aria da giorni, di blindare con la fiducia il decreto contro la violenza negli stati (dl 119/2014, al voto oggi), nel cui testo, modificato dalle commissioni Affari costituzionali e Giustizia, è previsto il prelievo da parte dello Stato di una cifra compresa tra l’1 e il 3 per cento degli introiti dei biglietti. L’obbiettivo, non confessato ma palese, è quello di coprire i 25 milioni di euro che lo stato versa annualmente per il lavoro domenicale degli agenti (dato relativo all'ultima stagione).
Una tassa, insomma. Riservata ai club. Che non ci hanno messo molto a reagire. Il meno composto è stato il vice presidente della Figc e numero uno della Lega pro, Mario Macalli. Che senza girarci tanto intorno ha minacciato un improbabile sciopero. Più ortodossa — ma non meno polemica — la reazione del presidente Carlo Tavecchio che rispondendo al tweet con una più tradizionale nota stampa ha accusato Renzi di demagogia. Ne fa una questione di merito ma anche di metodo, Tavecchio. «Il mondo del calcio — dice — è consapevole delle ragioni e delle esigenze delle forze dell’ordine con le quali da tempo si sta lavorando in maniera congiunta e proficua, ma chiede un confronto urgente affinché si sgombri il campo da inutili demagogie». Nel confronto invocato Tavecchio vorrebbe «fare chiarezza su competenze e risorse disponibili, quindi analizzare con attenzione il contributo già fornito all’Erario direttamente dalle società e indirettamente anche attraverso i giochi e le scommesse sportive». In altri termini il numero uno della Figc vorrebbe ricordare a Renzi che il calcio provvede già abbondantemente a rimpinguare le casse dello Stato: la sola serie A annualmente versa qualcosa come 700 milioni di euro di tasse, e l’intero calcio italiano un miliardo.
L’impressione diffusa è che si tratti di un provvedimento “punitivo” per il movimento dello sport — a quanto pare verrà esteso anche alle altre discipline, di qui la diffidenza mostrata anche da Malagò — ma in particolare per il mondo del calcio che si sente ricattato dal governo per via della propria ricchezza. Dopo il passaggio in aula di oggi, il decreto — che prevede tra l’altro l’inasprimento del Daspo, la dotazione della pistola elettrica alle forze dell’ordine e una serie di misure sull'immigrazione che lo rendono poco gradito alle opposizioni — verrà inviato al Senato per essere convertito in legge entro il prossimo 21 ottobre. Saranno giorni molto lunghi.