GASPORT (F. BIANCHI) - La storia non si ripete. Il giochino dei corsi e ricorsi non ha il suo compimento. Nessuna consolazione dopo la batosta col Bayern Monaco. Quando sette anni fa la Roma ne prese 7 dal Manchester Uni- ted, si rifece subito rifilando 4 sberle proprio alla Samp. Sta- volta nemmeno un golletto e fa tanto strano se si parla della banda di Garcia. È la prima volta che resta all’asciutto. So- no segnali. Di crisetta? Vedremo. Certo la dichiarazione d’intenti di Garcia («Obiettivo scudetto») subisce uno stop, e la Juve – agganciata in vetta per una notte – oggi può allungare di nuovo a +3. E può addurre come unica scusante di aver avuto di fronte la miglior difesa del campionato. E un magico Romero. Il nazionale argentino quasi fermò il Bayern allargato, la Germania, in finale. A Marassi ha interrotto il volo di testa di Florenzi al tramonto della sfida con una super prodezza. E prima aveva ipnotizzato Gervinho. Ma anche la Samp ha avuto la palla d’oro sui piedi di Okaka, che da mezzo metro ha mandato il pallone sulla luna. Samp che merita il punto, il posto che occupa in classifica e il fatto di essere imbattuta come la Juve. Mihajlovic ha le carte in regola per restare nei quartieri alti. Ha rigenerato Palombo. Ha fatto su Eder il lavoro che Mourinho fece su Eto’o, un attaccante puro che difende. Ha dato un volto preciso al gioco e un carattere definito alla squadra. Sì, la Doria ha le qualità per difendere fino in fondo il terzo posto. Ferrero può continuare a esibirsi nella sua folkloristica passerella finale in mezzo al campo con orgoglio.
A ritmo rock - È stata da subito una partita rock. Né studio, né timore. Folate da una parte e dall’altra, complice forse anche il venticello freddino che tirava a Marassi. Una partita poco italiana, se vogliamo. Ma la gran velocità si scontrava con la precisione (complice un terreno disastrato) e così più che occasioni sono fioccati calci d’angolo (12 soltanto nel primo tempo). La Samp è partita più decisa, mettendo in mostra non solo una difesa so- lida, ma anche interessanti so- luzioni d’attacco. I tagli di Eder e Gabbiadini erano veri inviti per i lanci di Palombo e Okaka. La Roma è uscita alla distanza ma poi ha preso il pallino in mano per tutto il primo round grazie soprattutto a Nainggolan, gigante a centrocampo. Garcia ha deciso di dare un turno di riposo a Pjanic e tenere un Iturbe non ancora al meglio in panca. Fatalmente la squadra cercava più le fasce greche che le incursioni centrali. Innescato spesso Torosidis a destra più che Holebas a sinistra, ma il primo non ha sfruttato a pieno i tanti cross che ha potuto fare. Così i pericoli per il vice campione del mondo Romero sono arrivati nelle due uniche azioni centrali. Protagonista il solito ghepardo Gervinho. Nella prima chance, sul bellissimo lancio di Astori, si è un po’ mangiato il gol tirando angolato ma lento, Regini in scivolata è riuscito ad arrivarci. Sulla respinta Gervinho, molto defilato, ha preso il palo esterno. Avrebbe dovuto scegliere la botta centrale, dato che aveva campo libero. Nella seconda chance, l’ivoriano ha angolato bene e dato molta potenza, ma il tiro è finito a lato. La Samp invece si è affacciata più volte dalle parti di De Sanctis ma è mancata nell’atto finale.
Aridità - Curioso parlare della Roma come squadra inefficace sotto porta. Ma del tridente soltanto Gervinho, appunto, ha provato a far male. Totti ha girato più al largo del solito, Ljajic era in una di quelle sera- ta un po’ apatiche. Garcia ha speso forse un po’ tardi Pjanic e soprattutto Destro. Perché su 14 corner collezionati, soltanto una volta i giallorossi sono riusciti a concludere di testa. Con Astori. Con Destro in mezzo all’area, la musica sarebbe stata diversa. Nel secondo round, che ha mantenuto il brio del primo, la Samp ha preso ancora più coraggio e alzato la cintura. Obiang in mezzo ha conteso lo scettro con Nainggolan ed è stato lui, prima dello spreco di Okaka, a impensierire De Sanctis. L’ardore blucerchiato ha tenuto più bassi i centrocampisti giallorossi che hanno preferito agire di ripartenze. Quando Eder ha finito inevitabilmente la benzina, Mihajlovic ha pensato che fosse il momento di accontentarsi, tanto mancava una manciata di minuti alla fine. Ha tolto il brasiliano e messo Rizzo, piazzando un centrocampo a quattro. Guarda caso, un minuto dopo essersi spaventato per l’occasionissima del buon Florenzi. Giusto così. Osare ma non strafare. Ora la Doria è subito attesa all’esame Inter e la Roma invece ha l’occasione per leccarsi le ferite e rilanciarsi contro il Cesena. Ma sbagliare non è concesso.