LA REPUBBLICA (E. SISTI) - Magica Champions, maledetta Champions. Ha un tale fascino, ed è così abile nel manipolare l’animo dei suoi protagonisti, specialmente quelli futuri, che magari non la giocano da anni, non l’hanno mai giocata, oppure l’hanno vinta e allora sanno bene di cosa si tratti, da costringere uno o più giocatori a involontarie pigrizie. Alla vigilia Garcia aveva predicato di pensare all’Empoli e non al Cska: ieri una specie di coscienza tardiva portava i suoi a risparmiarsi. Non lo facevano apposta. Però era evidente. Solo quando il pallone transitava in un raggio di tre metri, alcuni di loro cominciavano a interessarsi all’azione.
Contraddicendo se stesso («non ci sarà una Roma-1 e una Roma- 2») Garcia ha lasciato in panchina i tre attaccanti titolari (Totti, Gervinho e Iturbe) senza passaggi intermedi. Evidentemente anche lui ha pensato alla Champions. Artefice di una prestazione macchinosa, la Roma ha impiegato un infinito numero di minuti (brutti) per impossessarsi dell’Empoli. La svolta della partita è scaturita da un gesto isolato agevelato dalla buona sorte: una sassata di Nainggolan da trenta metri sbatte sul palo, colpisce spalla e schiena del portiere Sepe e finisce dall’altra parte della porta, stavolta dentro. Siamo alla fine del primo tempo (46’). Il suo resoconto è piuttosto desolante: due tiri in porta di Tavano, un mezzo rigore su Pjanic, un palo rocambolesco di Maicon, Empoli coraggioso e senza nulla da perdere, Roma con tutto da perdere e senza sbocchi, schiacciata dalla sua stessa lentezza. Più che giocare si sposta avanti e indietro. Se è riuscita ad andare in vantaggio, e poi a proteggerlo, lo deve al dinamismo anarchico di Nainggolan, l’unico a ricordarsi che nel calcio esiste anche la parola “rubare” (il tempo, la palla), al costante sostegno di Maicon, alla graniticità di Manolas, alla corsa di Florenzi e alla pazienza di De Rossi.
Forse l’Empoli non era uno stimolo sufficiente. Per venti minuti, sistemato fra le linee, il piccolo Verdi ha creato disturbo con tagli che nessuno seguiva. Dopodiché tutti i progetti empolesi si sono (letteralmente) schiantati contro Manolas, che non è squalificato per il Cska come sembrava. Il greco si sta rivelando un freddo, lucido, pratico centrale, già in grado di dare i tempi al reparto in assenza di Castan (uscito per problemi al bicipite femorale destro). Il suo opposto, in termini di consistenza, sono stati un Destro in versione ectoplasmatica e un Ljajic volenteroso sì ma lento col pallone fra i piedi e con strane idee per la testa (tenta fughe impossibili e dribbling disumani). Nella ripresa la Roma migliora il possesso palla, specie con Keita. Rimane la tassa di certi errori in disimpegno (se li commetti in Champions a fine ottobre vai a casa). Maicon sta per raddoppiare dopo uno scambio con Florenzi al 12’. Un contrasto Manolas/Mchelidze in area fa infuriare Sarri che viene espulso (26’). De Sanctis s’impegna su Mchelidze al 32’. Ancora Manolas salva su Tavano a tempo scaduto. «Importanti i tre punti», dice Garcia, «ma tante cose da rivedere». Sì, attentamente.