IL TEMPO (A. SERAFINI) - «Guadagno 35 euro per una giornata in cui spesso rischio la vita». E' lo sfogo di uno dei tanti steward che l'altra sera hanno rischiato la morte per pochi euro allo stadio Olimpico. L'ennesimo grido di protesta si è sollevato nel settore ospiti dello stadio romano, dove in diretta mondiale è andata in scena l'aggressione dei tifosi russi del Cska Mosca contro gli steward che prestavano servizio per la partita.
La voglia di parlare non è molta, ma la rabbia accumulata da una lunga serie di episodi supera spesso la repressione del silenzio. «Sputi, insulti e qualche volta anche calci e pugni», racconta un ragazzo che con la pettorina gialla da steward ha passato gli ultimi 5 anni sugli spalti degli stadi italiani. «Ne ho viste di tutti i colori, spesso penso anche di avere il diritto di reagire di fronte a certi comportamenti, ma poi la paura prende il sopravvento». La stessa mostrata negli attimi in cui mercoledì sera un gruppo di ultras russi ha deciso di rompere le barriere di sicurezza e cercare il contatto con la curva nord romanista, condendo il tutto con un lancio fitto di bengala e fumogeni. «Fossero soltanto quelli - ci spiega ridendo amaro un altro dei presenti mercoledì nell'infuocato settore dei sostenitori del Cska - a volte mi sembra di essere finito in una trincea circondato dal nemico. Ci capita di trovarci in una zona cuscinetto tra le tifoserie, magari non siamo noi il loro obiettivo, ma veniamo travolti da monetine, seggiolini e qualsiasi altra arma che si possa lanciare oltre il vetro che li divide dall'altra sponda. È come trovarsi nel mezzo di una guerra che non vuoi combattere». Tredici di loro l'altra sera sono stati feriti, uno addirittura accompagnato in ospedale per la frattura della mandibola dopo un «destro» mirato che lo ha colpito in pieno viso. «Abbiamo avuto paura, ma qualcuno di noi, forse preso dal panico, ha provato a difendersi dopo aver visto avanzare quelle belve scatenate». Una terza voce, presente all'Olimpico ma che come gli altri vuole rimanere anonima, spiega quanto il lavoro dello steward si sia evoluto nel corso degli ultimi anni e come l'esperienza possa aiutare ad affrontare ogni situazione: «Abbiamo seguito dei corsi di formazione molto precisi, uguali in tutta Italia. Diciamo che questo lavoro ti aiuta ad approfondire diversi aspetti in modo da farti trovare pronto a tutto».
Il dito puntato negli ultimi anni sul calcio italiano ha infatti migliorato la preparazione di una professione in grado di prestare un primo soccorso, spegnere un principio di incendio, fornire un supporto psicologico e giuridico a chi si trova in difficoltà all'interno di una struttura che accoglie ogni tipo di evento. Probabilmente non basta. «Ma per 35-37 euro conviene continuare a farlo?», si chiede l'ultimo ragazzo. «Ogni tanto ci rifletto, dico che non vale la pena e poi ricambio idea. Sono comunque soldi. Diciamo che le esperienze peggiori le ho vissute soprattutto quando capitiamo nei settori insieme alle tifoserie provenienti dall'estero, nei paesi in cui il calcio è vissuto in maniera molto più violenta che in Italia. È un lavoro come tanti altri, basterebbe soltanto un po' più di rispetto». Impresa non da poco.