IL MESSAGGERO (A. ANGELONI) - Tanto possesso palla, Totti innesca, Gervinho, Iturbe o Destro partono. La Roma è così, utilizzando una sintesi molto estrema. Nell’idea tattica, la squadra appare simile a quella dello scorso anno, per ora con qualche sbavatura di troppo in difesa, punto di forza della passata stagione. Sa giocare con le ali e con il centravanti, Destro, finalmente ritrovato. Finisce tre a tre, tanti errori, ma è apprezzabile almeno la reazione nel finale contro il Fenerbahce.
DIFESA DA REGISTRARE
Quello che doveva essere un grande problema, De Sanctis, sembra non esserlo più di tanto. Il portiere giallorosso, da poco tornato a lavorare con la squadra, appare già in buona condizione. Attivo e reattivo: a Vienna due interventi prodigiosi, ieri con il Fenerbahce un altro (su Gokhan in avvio, solo davanti a lui) e poco ha potuto sulla rete di Alves (punizione perfetta sotto il sette), quella del pari momentaneo. Un tiro da fermo che non ha messo alla prova la difesa, e qui veniamo alle note meno liete. Nel giro di pochi minuti la Roma perde Castan. Un allungo, una rete mangiata e il muscolo salta di nuovo. La smorfia del brasiliano non conforta Garcia, che adesso spera nel recupero immediato (sempre se non verrà ceduto) di Benatia, alle prese con un problema al polpaccio. Astori ancora funziona a singhiozzo e l’amnesia di ieri sera (fallo ingenuo su Alper: rigore e 1-2 per il Fenerbahce) è grave, ma non solo quella; Romagnoli deve crescere e pure lui certe volte perde sicurezza, perdendo posizione e duelli con gli avversari (vedi il terzo gol del Fenerbahce, Sow solo soletto a prendere la respinta di Skorupski); gli esterni che vediamo (in attesa di Maicon) dovranno per forza migliorare. Cole dà la sensazione che certe partite non gli interessino, lui è uno da grandi palcoscenici. Ma intanto si perde gli avversari e spesso è fuori giri; Torosidis, pur non facendo vedere grandi cose, riesce sempre a trasmetterti quella sensazione di affidabilità. Emanuelson si finge terzino ma non lo è fino in fondo (e come ala non è andato male ieri sera, meglio in generale di Cole), così come Florenzi, entrato al posto di Torosidis nella ripresa.
C’è da lavorare, insomma. Altra nota poco lieta, non calcistica: pronti via, parte il coro «Vesuvio, lavali col fuoco». Sanzioni o non sanzioni, lo sentiremo ancora. C'è da lavorare anche qui.
L’AVVIO
Garcia, contro i turchi, ripropone il suo classico 4-3-3, che resta tale nonostante la girandola di cambi nella ripresa. Ciò che emerge è che la squadra ancora non ha acquisito la velocità, né di pensiero né di gamba, del passato. Tiene bene la palla ma crea poco, tranne nel finale. Qualche fiammata, tuttavia, è apprezzabile in avvio: Totti lancia ora Ljajic ora Gervinho e qualcosa succede. E succede, infatti: l’ivoriano si procura un rigore (fallo di Meireles) e Totti trasforma la rete del vantaggio. Aggiornando i numeri: sessantaseiesima rete in amichevole del capitano, più le 235 in campionato, 17 in Coppa Italia, 1 in Supercoppa, 15 in Champions e 27 in coppa Uefa. Totale 355. Ancora su di lui ci si aggrappa. Ed è sempre un bel vedere.
Funziona discretamente Pjanic che, se non ha ancora velocità nelle gambe, il pensiero gli viaggia sempre più rapido degli altri. Keita ha il passo giusto per il calcio di Garcia, ad inizio ripresa sfiora anche il gol di testa, colpendo su una punizione calciata da Totti. A metà secondo tempo cominciano i cambi: entrano i vari Uçan, Iturbe, Paredes, Emanuelson e soprattutto Destro, che torna finalmente al gol dopo l’estate in nero. Mattia sfrutta prima una giocata di Iturbe, che nella ripresa ha vivacizzato un po’ il gruppo e poi di testa un angolo di Florenzi (dormita del portiere Volkano). Finisce in pari, ma qualche problemino resta.