IL MESSAGGERO (S. CANETTIERI) - Il percorso che divide il nuovo stadio di Tor di Valle dal via libera della giunta Marino, atteso entro il 3 settembre, è stretto e pieno di incognite. Nonostante il patto americano siglato dal sindaco e dal presidente della Roma, James Pallotta. Anzi, più passano i giorni e più i dubbi sulle cubature spropositate (adesso siamo ”scesi” a 900 mila metri), gli investimenti insufficienti per le infrastrutture (su ferro e su gomma) e le criticità strutturali dell’area rimbalzano dentro il Campidoglio come la pallina di un flipper.
Fabrizio Panecaldo, coordinatore della maggioranza, è pronto a organizzare per metà settimana un vertice tra i capigruppo e l’assessore all’Urbanistica Giovanni Caudo. Intanto però va dritto al tema: «Il progetto - spiega il responsabile della coalizione che sostiene il sindaco Marino - così com’è ancora non va: il problema dell’accessibilità non è risolto. Qui non si tratta di fare i gufi, come dice qualcuno, ma di avere in chiaro il bene comune». Per arrivare alla fine di questo ragionamento occorre partire dall’inizio: dalla scelta di costruire il nuovo impianto giallorosso a Tor di Valle, in un quadrante non proprio felice dal punto di vista urbanistico.
IL LUOGO - Ecco, alla base di tutto c’è proprio la localizzazione dello stadio. «Una scelta sbagliata», per Panecaldo. Che poi argomenta: «Se noi avessimo potuto agire sull’interesse pubblico avremmo proposto altre aree, per sanare ferite storiche di questa città: la prima che mi viene in mente è Tor Vergata dove già c’è la città dello Sport. Oppure avremmo chiesto di riqualificare l’Olimpico».
Però il progetto presentato dal costruttore Luca Parnasi e dal presidente della Roma James Pallotta ha imboccato un’altra corsia: quella agevolata della legge sugli stadi («Che commissaria il consiglio comunale per quanto riguarda l’Urbanistica», riflette amaro l’esponente renziano).
Venerdì scorso il sindaco Marino è uscito dagli uffici newyorkesi di Pallotta con un impegno su tutti: il prolungamento della Metro B fino a Tor di Valle sarà interamente a carico dei costruttori. Una spesa quantificata intorno ai 50 milioni di euro, che si andranno ad aggiungere ai 270 già messi in preventivo. Per un totale di 320 milioni (di cui 195 considerati di interesse pubblico puro). E quindi c’è il nuovo tema che è destinato a tener banco nei prossimi giorni in Campidoglio, visto che tra l’altro entro venerdì i costruttori dovranno presentare lo studio di fattibilità delle integrazioni (c’è un passaggio pedonale per la Roma-Lido e il parco del Tevere). Ancora Panecaldo: «A naso, ma aspettiamo tutti di vedere le carte, 50 milioni per il prolungamento della metro B sono pochi. Ma il punto è un altro ed è più generale: l’interesse pubblico della zona va valutato oggi, ma serve per il futuro. Senza dimenticarci che in quell’area ci andranno a lavorare 15 mila persone, si è sempre detto che il trasporto pubblico dovrà servire il 50% dei tifosi, ma altrettanti si muoveranno con i mezzi privati, con le auto». E qui scatta la condizione della maggioranza: «Il ricongiungimento della via Ostiense con la via del Mare, da Tor di Valle a Ponte Marconi. Un intervento non previsto nel progetto ma indispensabile. Altrimenti non c’è l’interesse pubblico». Di questo si parlerà durante il vertice di maggioranza con l’assessore Caudo. Anche se poi la questione ambientale sui volumi che faranno da contorno, si fa per dire, è una spade di Damocle. E agita Sel e il Pd.
L’URBANISTICA - Il rischio di una speculazione edilizia ormai non è solo una bandiera di Legambiente e Italia Nostra. Anche la politica e la coalizione che sostiene Marino riflettono sempre più spesso ad alta voce sui 900 mila metri cubi di cemento che sorgeranno a Tor di Valle. Panecaldo ammette: «Sì, sono volumi esorbitanti proprio perché stiamo parlando di una zona che il Prg destinava ad altro». Ma poi si fa pragmatico: «O si dice no o se si dice sì vanno risolti tutti i problemi dell’intero quadrante, i metri cubi non possono essere la misura ambientale per qualificare l’interesse pubblico». La didascalia di questa affermazione è: 320 milioni di euro per le opere pubbliche non bastano. Soprattutto alla luce di questa nuova condizione per l’asse viario posta dal coordinatore della maggioranza in Campidoglio.
LA TRATTATIVA - La corsa contro il tempo inizia oggi. Entro dieci giorni il Comune dovrà esprimersi sull’interesse pubblico dell’opera con una delibera di giunta. Prima la newco titolare del progetto dovrà presentare agli uffici capitolini le integrazioni scaturite dall’incontro di New York tra Marino e Pallotta. In mezzo, ci sono le critiche e i dubbi della maggioranza. Non c’è solo un vertice in programma, ma anche la richiesta di arrivare a una commissione congiunta (Trasporti, Ambiente Urbanistica) per entrare nel merito della faccenda. Intanto, spunta un nuovo scoglio, legato alle strade. E se non venisse superato? Panecaldo si infila la giacca del diplomatico: «Abbiamo dieci giorni per lavorare...»