LA REPUBBLICA (F. S. INTORCIA) - Il gioco dei 9. Nove club ribelli cercano almeno un’altra adesione in Serie A per ribaltare la maggioranza pro Tavecchio e spingere il favorito a farsi da parte. In ogni caso, nessuna norma obbligherebbe il presidente della Lnd a ritirarsi da una corsa in cui conserva i numeri per vincere: il fronte dei sostenitori attende solo che sia lunedì, e che si voti. Ma fin qui, osteggiato da calciatori e tecnici, Carlo Tavecchio si è presentato come il candidato delle quattro Leghe, compatte, e aveva garantito: «Senza l’appoggio di una di queste, farei altre valutazioni».
Potrebbe essere il presidente del Coni, Giovanni Malagò, a ricordarglielo, esercitando una moral suasion. Gli ha già chiesto di ritirarsi nell’ultimo incontro, Tavecchio ha ribattuto: «Non ho cambiali da pagare, vado avanti». Per il momento, l’appello a farsi da parte sottoscritto dai ribelli è stato raccolto solo dall’altro candidato, che ha chance minime di vittoria. Demetrio Albertini è pronto a ritirarsi per salvare l’unità del movimento. I numeri gli mancano: ancora appoggiato da calciatori e allenatori, ora non verrà votato dai club come Juventus e Roma che lo sostenevano. L’ex centrocampista ha ribadito su Twitter la disponibilità a rinunciare, ma solo dopo l’avversario: «Non vedo perché dovrei fare io un passo indietro, ma se nell’interesse del calcio, Tavecchio, che ha con le sue affermazioni ha provocato una frattura, ritirasse la propria candidatura, sarei pronto a fare altrettanto, con l’unico fine di tenere unito il nostro mondo, che ha urgente bisogno di riforme e dialogo».
Carlo Tavecchio, però, ormai vede il traguardo vicino: deve solo arrivare a lunedì, poi nelle urne conta di superare facilmente la soglia del 50% in terza votazione. La fronda di A ha lavorato anche ieri alla ricerca di altre adesioni al suo documento. L’equilibrio è sottile: 10 club restano pro Tavecchio, 9 vogliono il commissario, il Verona è in un limbo muto, non si pronuncia. Se una big cambia idea, salta il banco in Lega Serie A, che solo il 24 luglio ha dato 18 sì su 20 al presidente dei Dilettanti. Nell’assemblea elettiva di Fiumicino cambierebbe poco (ogni società di A vale lo 0,6%): già solo con il sostegno di Ldn, Lega Pro e Serie B, Tavecchio può puntare al 56%. Ma l’appoggio della A, ora risicato ma sempre in piedi, ha un peso politico enorme. «È una situazione kafkiana, siamo in 9 club a chiedere un passo indietro», dice Andrea Della Valle. Massimo Ferrero, n. 1 della Samp, attacca: «Rinviamo l’assemblea di lunedì o votiamo in modo palese, non nascondiamoci più».
Inizialmente, nella bozza girata via mail ai dissidenti c’era anche il nome del Palermo. Dopo la chiusura di Zamparini, Juve e Roma hanno fatto “scouting”, come in parlamento, fra Atalanta e Verona. Il presidente Percassi chiede un chiarimento fra tutti i club lunedì, prima del voto. Il suo collega dell’Hellas, Setti, si trincera nel «no comment». È una scelta non facile, accodarsi ora: cambiare idea a due giorni dal voto, rimangiarsi la firma apposta in assemblea, è ancor più delicato per il club numero 10 e, eventualmente, numero 11 della fronda.
A ieri sera, nessuno voleva assumersi questa pesante responsabilità. Molte stanze all’Hilton Hotel sono prenotate già per domenica sera, la notte e le ore che precederanno il voto segneranno le ultime febbrili trattative. Carlo Tavecchio però non si sente in bilico. Pensa a Conte o Mancini come ct: le prime richieste dell’ex bianconero sono fuori budget. E vorrebbe siglare la pace impossibile con l’Aic assegnando a un consigliere calciatore la delega per la lotta al razzismo. Percorso scivoloso, quello, pieno di bucce di banana.