IL MESSAGGERO (S. CARINA) - Formalmente Carlo Tavecchio non si è ancora candidato alla successione di Giancarlo Abete: «Prima serve il consenso della mia Lega e poi scioglierò la riserva». Tuttavia ieri, all’uscita da via Allegri, si è avuta la sensazione che il presidente della Lnd non solo parlasse come già lo fosse ma addirittura che lo facesse da presidente in pectore: «Non si può buttare il bambino con l’acqua sporca. Che poi il bambino abbia 40, 50, 60 o 70 anni è sempre una risorsa della federazione. In questo momento siamo stanchi di essere vilipesi e messi alla gogna quando il nostro movimento è quello che mantiene il sistema sportivo italiano». Dopo la conclusione del consiglio federale che ha ratificato le dimissioni di Abete, Tavecchio getta dunque la maschera: «La candidatura unitaria è l’obiettivo. Una cosa, però, è spendersi. Un’altra vendersi. Se non si troverà un accordo ci sarà una candidatura di maggioranza e una di minoranza». E lui – al netto di faide interne al momento non preventivabili - già sa che sarà espressione della prima, potendo far leva sui voti dei dilettanti, della Lega Pro e almeno dell’ala Lotito all’interno della Lega di A (che basterebbero per essere eletto). A tal punto che salutando si lascia sfuggire: «Più difficile governare che essere eletti? Probabile, anche se io so come si governa».
PAURA DI PERDERE
Considerazioni di chi è consapevole di essere in una posizione di forza anche perché l’opposizione al momento latita. L’impressione ricavata ieri è che trattandosi di un’elezione che nel 2016 verrà messa nuovamente in discussione, ci sia quasi la volontà da parte degli anti-Tavecchio di non bruciare esponenti che invece tra due anni potrebbero trasformarsi in concorrenti seri per ambire alla massima carica in Figc. Non è un caso quindi che il presidente dell’Assoallenatori, Renzo Ulivieri, dopo aver regalato una battuta ai presenti («Ci vorrebbe che qualcuno inserisse nello statuto che la più alta carica del calcio sappia fare almeno una ventina di palleggi. In quel caso avremmo delle possibilità di vincere. Invece si presenta gente che per fare tre palleggi di seguito non gli basta tutto il campo di Coverciano») abbia lanciato un messaggio che la dice lunga sull’esito che anche le parti in causa si attendono riguardo alla successione di Abete: «Qui serve un candidato che sappia anche perdere. Ad oggi c’è la candidatura di Tavecchio, ma se questo sistema ne esprime soltanto una, siamo messi male». A sentirlo parlare sembra un messaggio, nemmeno troppo velato, al dimissionario Demetrio Albertini che nei giorni scorsi ha annunciato che non si presenterà perché «con queste regole sarebbe inutile». O a qualcun altro che sia pronto a ‘sacrificarsi’ in vista della (probabile) sconfitta. Difficilmente sarà Luca Pancalli che ieri si è tirato fuori: «Tutti dovrebbero fare un passo indietro per giungere alla scelta più condivisa».
CALCOLI PER IL 2016
Più riflessivo Damiano Tommasi, presidente dell’Aic: «La speranza è che da qui all’11 agosto ci sia più di una candidatura. Se esiste la possibilità che Demetrio ci ripensi? Non lo so, è difficile entrare nelle scelte personali anche se non dobbiamo dimenticare che sarà una presidenza biennale». Quasi un’ammissione che la corsa vera alla Figc sarà quella nel 2016. Con queste premesse, l’auspicio di Barbara Berlusconi («Il governo del calcio italiano va rifondato, spazio ai quarantenni preparati. Non è solo un problema di persone ma anche di regole»), alla quale Tavecchio non ha esitato a replicare: «Non decide la gentile signora ma i delegati di un milione e mezzo di tesserati».