Malagò: «Il calcio ha fatto poco»

06/05/2014 alle 10:23.
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IL ROMANISTA (A. F. FERRARI) - Malagò non ci sta. Quello che è accaduto sabato scorso allo stadio Olimpico non è andato giù al presidente del Coni che non ha affatto gradito anche il successivo "scaricabarile": «È imbarazzante la reiterazione di quello che avviene negli stadi: significa che o non si è fatto nulla o lo si è fatto male», le parole del numero uno dello sport italiano che ha poi sottolineato che il caso della finale di Coppa Italia sarà esaminato oggi in Giunta Coni. Organo che, però, non dovrà decidere se far giocare o meno allo stadio Olimpico la Supercoppa tra e il prossimo 24 agosto (data da confermare). «Decide la Lega Calcio», ha chiarito un seccato Malagò. «Dire che sono amareggiato, arrabbiato per quello che ho visto è dire poco - ha proseguito - . Personalmente, dal primo giorno della mia presidenza, ho denunciato che ci sono cose che nel calcio non funzionano anche se sono in molti a sostenere il contrario (riferimento ad Abete e Beretta, ndr). Purtroppo in tanti mettono bocca su questa materia e al momento delle decisioni importanti si rimpallano le responsabilità, dicendo che il problema non investe la loro competenza».

Parole che confermano ancora una volta la frattura tra Malagò e il presidente della Figc Abete che nel pomeriggio di ieri ha risposto alle critiche: «Penso che il presidente Malagò abbia applaudito alle decisioni assunte dalla task force di cui il Coni ha fatto parte, ricordo perfettamente il suo intervento alla scuola di polizia favorevole al ruolo che stavano svolgendo le forze dell’ordine e il ministero. Poi il resto si commenta da sè». Risposta che è arrivata anche per le parole di Saviano: «Lui mi ritiene responsabile per quello che è successo nella finale di Coppa Italia? Innanzitutto, è sempre meglio essere responsabili piuttosto che irresponsabili. Poi fortunatamente siamo in un Paese in cui c’è diritto di esprimere legittimamente tutte le critiche che si ritengono di fare. Onestamente però non ho visto un nesso causale tra quello che ha scritto nel suo articolo Roberto Saviano – che tutti apprezziamo per quello che rappresenta nella lotta contro la camorra – e quelli che sono ruoli e funzioni di una federazione sportiva, al di là della mia posizione personale come presidente della Federcalcio». Sulla vicenda è intervenuto anche il presidente della Fifa, Sepp Blatter: «Il calcio non merita tutto questo, il nostro sport è fatto per unire e non dividere la gente». Pensiero condiviso dal ct della Nazionale, Cesare Prandelli: «È un problema di tutti noi, la strada è quella del dialogo, gli stadi devono essere un luogo di aggregazione propositiva, non di pseudo minacce - le parole del tecnico azzurro a Radio Anch’io lo Sport -. Nessuno deve essere protagonista, se non il calcio. È un problema del paese, che deve diventare civile a tutti gli effetti». Sugli incidenti avvenuti prima della finale di Coppa Italia è tornato a parlare anche il Ministro dell’Interno, Angelino Alfano: «Nessuno torca un capello alle forze dell’ordine, perché noi siamo dalla loro parte. Lo Stato sarà durissimo nel difendere la loro divisa, il loro onore e il loro prestigio». Il Ministro ha poi tagliato corto sulla polemica in merito alla presunta trattativa con gli ultras del : «Figuriamoci, non sta né in cielo, né in terra». Infine, Alfano ha ipotizzato l’introduzione di «un Daspo a vita, da ogni manifestazione sportiva, per i responsabili di atti indegni e per i recidivi meno gravi, una penalitaà ulteriore» di allontanamento, dopo la prima Daspo di 5 anni, «che varia tra gli 8 e i 10 anni». Anche l’ex Achille Serra ha difeso gli organi di Polizia e in particolare il di Roma che «è in assoluto uno dei migliori funzionari che abbiamo in Italia». Sull’episodio della sparatoria ha poi aggiunto: «Quanto avvenuto all’esterno dello stadio sabato mi risulta davvero incomprensibile, nonostante la mia lunga esperienza in tanti anni - le sue parole a Radio Roma Capitale -. Non so se sia un gesto di un folle, ma sicuramente negli anni ci sono stati tanti scontri, anche di una violenza inaudita. Ma per quanto mi sforzi non ricordo degli spari. Per questo sono portato a considerarlo un gesto a sè stante».

Sulla trattativa con gli ultras del , invece: «Posso dire che nella mia vita professionale il dialogo è sempre stato al centro della mia azione. Ma con un delinquente che si erge a capo dei violenti e che oltretutto indossava la maglietta che inneggiava a Speziale, l’assassino dell’Ispettore Capo Filippo Raciti, francamente avrei avuto delle difficoltà a confrontarmi - le sue parole -. Mettendomi nei panni dei vertici delle istituzioni mi chiedo però: che cosa sarebbe successo se non si fosse andati avanti nella partita? Quanti incidenti ci sarebbero stati? E allora i soliti, col senno di poi, avrebbero criticato il mancato tentativo di convincere quelle frange. Anche con l’esperienza del passato non saprei dire quale sarebbe stata, quale sia in termini assoluti, la cosa giusta da fare. Bisogna trovarsi lì in quel momento, tastare il polso delle curve, e sentire il momento».