GASPORT (L. GARLANDO) - Neppure questa volta a Cesare Prandelli scapperà di sospirare: «Non l’avessi mai proposto ‘sto codice etico...». La sua Nazionale e le regole di comportamento sono una cosa sola, non ci sarebbe stata una senza le altra. Meglio una polemica in più che un buon esempio in meno. Nessun rimpianto, nessun passo indietro. Anche se di questa «grana Chiellini», alla vigilia delle convocazioni dei 30 azzurri da cui selezionare i 23 per il Brasile, ne avrebbe fatto volentieri a meno. Non serve la palla di vetro per immaginare che martedì prossimo a Coverciano, primo giorno del raduno pre-Mondiale, si parlerà soprattutto di questo e, come nella migliore tradizione un nostro avvicinamento al Mondiale comincerà tra le polemiche. Pochi minuti dopo l’annuncio delle 3 giornate di squalifica a Chiellini per il colpo a Pjanic, in Rete è montata l’aspettativa per l’esclusione di Chiellini dai convocati azzurri che è diventata rabbia e denuncia, in seguito alla spiegazione del c.t. di voler chiamare comunque Chiellini in Nazionale.
Perché lui sì e Destro no? Due pesi e due misure? Bufera e mal di pancia diffuso nei social-network. In realtà, una corretta interpretazione del discusso codice etico legittima la decisione di Prandelli. Il codice etico è un patto tra giocatori azzurri, stretto a Coverciano, che non ha nulla a che fare con il Giudice Sportivo. E’ un sistema di regole e di comportamenti, che gli azzurri hanno concordato, condiviso e che Prandelli, solo Prandelli, può sanzionare. Per questo, quando Destro colpì Astori, il c.t. applicò il codice etico ed escluse l’attaccante dai test di aprile, senza attendere la sentenza del Giudice Sportivo che lo avrebbe squalificato per 4 turni. La Roma insorse, per questo, lamentando che Prandelli, in quel modo, aveva anticipato, se non «chiamato», la sentenza. Il c.t. provò a far capire che un padre non aspetta la punizione del preside per punire il figlio che ne ha combinata una a scuola. Questo è il senso del codice etico: un regolamento in famiglia, non un altro strumento di giustizia sportiva. Ed è proprio questa indipendenza del codice etico che ha consentito a Prandelli di smarcarsi dal giudice Sportivo.
Il c.t. azzurro, unico responsabile del sistema di regole concordato, non ha riconosciuto violenza nella scorrettezza di Chiellini e, di conseguenza, non ha fatto scattare il bando da Coverciano. La stessa cosa, tempo fa, fece Prandelli con Balotelli, squalificato con il Manchester e assolto dal c.t. perché il fallo fu ritenuto di gioco e non di natura violenta. Allora non divamparono grosse polemiche. L’episodio di Chiellini cade in ben altro contesto, nell’eterna faida sportiva tra Roma e Juve, in coda al velenoso campionato degli «aiutini» e dei «provinciali», e ha sollevato un altro polverone. Non è detto che Prandelli abbia letto l’episodio di Chiellini nel modo corretto, ogni scelta ha il vizio della soggettività, ma non basta dire «De Rossi e Destro sì, Chiellini no» per urlare al codice etico a due velocità e sospettare intrighi di palazzo. Prandelli ha sempre spiegato in modo trasparente le sue scelte e se da 4 anni siamo orgogliosi dell’Italia che porta in giro è anche per i paletti che ha piantato a Coverciano. Meglio una polemica in più che un buon esempio in meno. La speranza è che presto si riesca a vedere Chiellini, De Rossi e Destro vestiti dello stesso colore: azzurro. D’accordo che nell’82 e nel 2006 abbiamo vinto il Mondiale anche grazie alla spinta di polemiche roventi, ma per una volta potremmo anche provare a giocarci il mondo in serenità.