IL TEMPO (A. AUSTINI) - Non conta l'età. Un giocatore è bravo a prescindere. Lo ha ripetuto spesso Sabatini per promuovere la sua politica dei giovani e non avrebbe problemi a fare lo stesso discorso per il «vecchietto» che continua a guidare la Roma. Totti è la luce che si riaccende, la corda a cui aggrapparsi mentre si rischia di scivolare dal secondo posto, lo stanzino dove nascondere il pallone se qualcuno lo vuole portare via. Ieri qualcuno, forse, si è sorpreso nel rivedere protagonista questo signore del calcio di 38 anni. Un tiro infilato nel «cantuccio», come amava dire il toscanaccio Spalletti, per portare avanti la Roma.
La dedica a Strootman, «sentita perché è un grande uomo - racconterà il capitano a fine gara - e un giocatore fenomenale». Un lancio a occhi chiusi verso la lepre Gervinho che confeziona il 2-0 e maledice le partite trascorse senza poter sfruttare assist del genere. Tante altre piccole, grandi cose distribuite nella partita prima di lasciare il campo con la certezza di aver fatto abbastanza per vincere. Si sbagliava. La squadra non era il solito muro ma un gruppo impaurito, quasi rassegnato al peggio dopo aver visto vincere il Napoli un'altra volta senza merito. Totti, seduto in panchina, ha sofferto insieme a tutto l'Olimpico prima di liberarsi dalla tensione al fischio finale. «Era troppo importante tornare a vincere - sottolinea - ci serviva mantenere la distanza dal Napoli e l'abbiamo fatto. Dobbiamo ritrovare il passo che avevamo a inizio campionato».
Quello che, vuoi o non vuoi, la Roma ha perso per colpa della sua assenza. Le ultime tre partite parlavano chiaro: dopo la vittoria con la Samp, una rete segnata in 270 minuti e 4 punti conquistati. Ieri l'inversione di tendenza. Purtroppo anche in difesa. «La partita con l'Udinese - prosegue Totti - era difficilissima, ma al di là di tutto i tre punti sono meritati, abbiamo giocato una gran partita». A lui non ne riusciva una così bella da inizio stagione. Il primo infortunio patito con il Napoli ad ottobre gli aveva spezzato il ritmo. E fino al secondo stop non si era più rivisto in condizioni così brillanti. Stavolta insieme al suo staff ha deciso di prendersi tutto il tempo necessario e anche più per guarire al 100%. Toccata ieri quota 223 gol in serie A, ora spera di non doversi fermare più. «Ero partito bene, poi ho avuto uno strappo al flessore e uno stiramento al gluteo che mi hanno rallentato. Superato l'ultimo infortunio mi sono allenato tutta la settimana, non è facile tornare dopo un mese di stop. Ora sono pronto a dare il massimo per portare la squadra in Champions: ritrovare il gol è stata una sensazione bellissima (l'ultima volta aveva segnato il 12 gennaio in casa con il Genoa, ndr), però la cosa più importante è arrivare in alto insieme alla squadra. Il Napoli è lì vicino, ma noi vogliamo difendere questo secondo posto».
Dopo una partenza da record, sarebbe davvero un peccato non portare a casa la Champions. «La città la merita e se giochiamo con cattiveria possiamo raggiungerla. Entrare in Europa e disputare competizioni importanti è il mio obiettivo principale». Non può negare, però, che un pizzico di rammarico ci sarà a fine anno anche in caso di secondo posto. Perché una Roma così efficace s'è vista poche volte ma il sogno scudetto è durato troppo poco. «La Juve - ammette il capitano - sta facendo un campionato a parte. Con questa squadra è difficile tenere il loro passo, in un modo o nell'altro vincono sempre. È difficile riprendere una squadra che non perde quasi mai. Ma noi non siamo da meno». Meno soldi, qualche campione in meno, ma un gruppo solidissimo guidato da leader veri. Uno è De Sanctis, «un portiere con grande esperienza, ha fatto delle parate "inusuali", dirige la difesa bene ed è sempre presente. Lui fa la differenza». Come Strootman. «Un giocatore fenomenale, speriamo torni pronto in ritiro. Lo riavremo per la Champions». La Roma la sente ancora sua.