GASPORT (N. CECERE) - Quindici minuti di dominio, il resto è sereno controllo. La Roma si impone così su un dignitoso, ma sbadato Sassuolo, gli uomini di Garcia non devono spremersi o cavar fuori il meglio delle loro potenzialità per portare a casa i tre punti programmati. Una prestazione normale nel primo giorno di ora legale: calcio di avvio alle 11.30 biologiche, un orario da Primavera. Oltretutto fa caldo al Mapei Stadium e il regalo iniziale di Missiroli (si fa soffiare palla in zona pericolosa dal lesto Nainggolan che subito spiana la via del gol a Destro) mette al 16’ la partita sul binario desiderato da Garcia. Una disattenzione, quella del capitano emiliano, da giovane della Primavera, appunto, che all’ultimo minuto verrà replicata da Mendes (il rubapallone sarà Taddei) per il 20 firmato Bastos dopo assist di Totti. Reti facili, con l’uomo lanciato davanti al portiere, prodotte in fotocopia prima che dalla abilità dei giallorossi dalla deconcentrazione dei citati giocatori di Di Francesco. Sarà certamente più difficile mercoledì contro il Parma ma la sconfitta della Juve moltiplicherà le energie dei giallorossi. Se vanno a meno 8, daranno ragione a Garcia che ha sempre parlato di rincorsa ai bianconeri.
Equilibri Eusebio Di Francesco, che tifa Roma, insegue un traguardo ancora più difficile dello scudetto. Deve arrangiarsi con quello che ha. Va sottolineato comunque, come sul piano della manovra e degli equilibri tattici il Sassuolo non abbia sfigurato. E pure la volontà di battersi sino in fondo non è mancata. I cinquanta punti di distacco fra le due squadre vengono evidenziati in modo chiaro da errori e limiti personali dei giocatori in maglia neroverde. Hai voglia a essere ordinato e ostinato se poi ti manca la qualità necessaria a impensierire la migliore difesa del torneo… E così l’unico tiro nella porta di De Sanctis arriva nel recupero a firma per giunta dello stopper Cannavaro: botta centrale, da difensore, appunto. I precedenti tentativi di Berardi e Sansone dal limite, si perdono in curva: pesa pure il nervosismo generato dalla posizione in classifica.
Il pasticcio C’è stato però un episodio, al 35’ del primo tempo, che avrebbe potuto dare una mano ai tentativi degli emiliani. Un contatto fra Sansone, il più vivace dei suoi, e Benatia in piena area. L’attaccante va giù, l’arbitro fa proseguire salvo fischiare rigore dopo una decina di secondi, si presume su intervento del suo collaboratore di linea, Peruzzo. Qui esplode la protesta di Benatia e di tutti i romanisti a portata di voce, al che Rizzoli decide di andare da Peruzzo per chiarirsi da vicino. Segue una sorta di confessione pubblica con l’arbitro nelle vesti di un pacioso parroco di campagna e Sansone nei panni del peccatore: dimmi, figliolo, hai simulato? Volevi strappare un rigore fasullo?
L’imbarazzo Una scena lunghissima, 4 minuti e venti secondi. Al termine di questo imbarazzante teatrino, Rizzoli prende la decisione esatta: niente rigore, perché il fallo non c’è, e niente ammonizione a Sansone che era scivolato mentre Benatia gli appoggiava una mano addosso. Il tutto con buona pace di Peruzzo, che aveva chiamato il rigore rimanendo vittima evidentemente di una svista. Però quell’interrogatorio coram populo improvvisato da Rizzoli è improponibile e speriamo non venga imitato. Una cosa è che l’arbitro torni su una decisione in seguito all’onesta e spontanea testimonianza di un giocatore cui ha appena regalato qualcosa. Esempio: «No, il rigore non c’è, sono caduto da solo»; oppure «non merita il rosso, non mi ha colpito». Ben altra cosa è andare da un giocatore a chiedergli di rendere testimonianza in mezzo al campo. Ciò è inaccettabile.