IL ROMANISTA (V. META) - Chissà se almeno Rudi Garcia l’ha capito al primo colpo quale sia il suo piede naturale, vedendolo calciare da lontano. È uno di quelli che stregano gli allenatori, Luca Mazzitelli: in fondo, ben prima del tecnico francese, la magia gli era già riuscita con Vincenzo Montella. Lui aveva quattordici anni, l’attuale allenatore della Fiorentina trentacinque e se lo ritrovò in squadra alla sua prima esperienza in panchina, quella dei Giovanissimi Nazionali della Roma. Li avrebbe portati a un passo dallo scudetto, battuti solo in finale dal Milan di Cristante e Petagna.
Punti fermi di quel gruppo, il muro Alessio Romangoli e la regia di Luca Mazzitelli, più la pioggia di gol di Jacopo Ferri, oggi in Primavera. Ci aveva visto giusto. Se gliel’avessero detto solo un anno fa, che si sarebbe ritrovato a essere la prima alternativa nel centrocampo della prima squadra (almeno per le prossime due partite), Mazzitelli non avrebbe neanche avuto voglia di ridere, perché quando sei fermo da sei mesi e non sai quando e come tornerai a giocare, ti passa pure la voglia di scherzare. Per questo l’improvviso salto in avanti verso la Serie A ha un po’ il sapore della rivincita. Della stagione di transizione al calcio vero, la prima in Primavera, ha giocato l’inizio e la fine. Tutto il resto (Viareggio e rivincita con il Milan in Coppa Italia inclusi) gliel’ha portato via un tunnel di infortuni che sembrava non finire mai. Prima la commozione cerebrale giocando contro la Reggina, poi la frattura da stress al primo allenamento al rientro in gruppo, quindi l’incubo pubalgia, che un giorno va meglio e un altro quasi non ti alzi dal letto, intanto le settimane passano e il campo è lontano. Alla fine, però, la primavera arriva anche per lui: rientra in tempo per il finale di stagione, ma la vita ricomincia davvero solo a luglio, quando è fra i primi a presentarsi al raduno della Primavera, senza immaginare che con i coetanei sarebbe rimasto ben poco.
Garcia e il suo staff tengono sempre sotto controllo quello che succede un campo più in là e non ci mettono molto ad accorgersi di lui. Primi allenamenti con i grandi a metà novembre (proprio a ridosso del diciottesimo compleanno), prima convocazione - e in fondo non poteva essere diversamente - per la trasferta di San Siro contro il Milan, il conto aperto suo e di tutti i ’95 giallorossi. Da allora è tornato in Primavera per il Viareggio (ma senza giocare una partita) e più recentemente per le gare contro Reggina e Trapani. Contro l’Inter all’Olimpico è andato a scaldarsi senza troppe speranze, dovesse farlo ancora lunedì prossimo, la Serie A sarebbe molto più vicina. Più che Strootman o De Rossi, Luca ricorda Pjanic: centrocampista di regia, lancio millimetrico e un gran tiro da lontano con tutti e due i piedi, con De Rossi ha fatto il centrale, l’intermedio nei tre e pure il trequartista. Ragazzo serio e molto riservato, pochi giorni fa ha messo la firma sul suo primo contratto da professionista. Per onorarlo, niente sarebbe meglio che giocarci, con i professionisti.