CORSERA (L. VALDISERRI) - Rudi Garcia si dovrà abituare. In Italia se vinci sei un genio, se perdi sei un cretino e se pareggi rischi seriamente di essere messo tra i secondi e non tra i primi. I numeri del derby (fonte: Opta) sono clamorosi: più del doppio dei passaggi (502 a 236), 23 giocate utili nell’area avversaria contro 4, 6 tiri dentro l’area a 0, nessuna parata di De Sanctis contro 4 di Berisha, 20 falli subiti a fronte di 10 commessi. Però è finita 0-0, con la Lazio che per oltre un’ora si è soltanto difesa, ed è partito un incomprensibile - almeno per chi scrive - processo alle scelte dell’allenatore e alla «reale» forza della squadra. Nell’ordine: 1) Garcia ha sbagliato i cambi; 2) la Roma ha bisogno di un grande centravanti perché, altrimenti, non potrà mai vincere nulla; 3) alcuni giocatori non sono da Roma, con Destro e Ljajic ai primi posti della lista; 4) Pjanic è bravo, ma, se arriva una buona offerta può tranquillamente partire; 5) se la Roma non dovesse andare in finale di Coppa Italia, domani sera contro il Napoli al San Paolo, la stagione sarebbe già ridimensionata.
Detto che ogni opinione è lecita, non andrebbe dimenticato che poco più di otto mesi fa, dopo la vittoria della Lazio nella finale di Coppa Italia, la Roma era una squadra da ricostruire. La Lazio, domenica, ha vissuto come una grande vittoria aver pareggiato 0-0 difendendosi con le unghie e con i denti. In poco tempo, cioè, è stato fatto un lavoro in profondità, che ha scavato un grande solco in classifica ma anche nella mentalità della squadra. Quanto alle «accuse»: 1) il minutaggio poteva essere più incisivo, ma tutti e tre i cambi sono stati fatti per vincere (Bastos per Florenzi, Ljajic per Pjanic e Destro per Totti), inserendo sempre un giocatore più offensivo di quello sostituito; 2) il «falso nueve» garantisce più gioco e il centravanti d’area alza la concretezza, ma solo Messi segna 30 gol e serve 15 assist a stagione e, in sua assenza, bisogna fare una «scelta di campo» quando si inizia una stagione; 3) «bruciare» giovani di 22 anni, chiedendo loro di avere la maturità di chi ne ha 26 o 27, è quanto meno ingeneroso e, per fortuna, non fa parte del bagaglio di Garcia ma di qualche altro allenatore; 4) la qualità fa la differenza, anche se esistono tanti modi di fare calcio e, come ha dimostrato l’ultimo derby, si possono conquistare punti anche rinunciando quasi del tutto alla costruzione del gioco; 5) nemmeno il più ottimista dei tifosi, prima di Livorno-Roma, il 25 agosto 2013, avrebbe previsto questi risultati e questa crescita sul piano del gioco, della personalità e della compattezza del gruppo. Tutti possono migliorare, compreso Rudi Garcia, ma non può essere uno 0-0 in un derby dominato a far cambiare il giudizio su quello che è stato fatto.