CORSERA (L. VALDISERRI) - Diciotto vittorie tra serie A e Coppa Italia, 6 pareggi e 2 sole sconfitte (in trasferta contro Juve e Napoli), 50 gol fatti e 16 subiti, un differenziale di +17 punti rispetto a un anno fa in campionato dovrebbero tenere la Roma fuori dalle polemiche. Ma, dato che in Italia soltanto «chi vince ha sempre ragione» (copyright Rudi Garcia), all’indomani dello 0-0 nel derby e dell’eliminazione in Coppa Italia (0-3 contro il Napoli, dopo il 3-2 dell’andata) si sono rafforzate le polemiche sulla gestione della squadra da parte dell’allenatore e sul reale valore (in campo e di mercato) di una buona parte della rosa costruita da Walter Sabatini. Tifare a prescindere o avere un atteggiamento più critico, che può anche sfociare nella contestazione se fatta con la dovuta eduzione, è una scelta.
Tra i dirigenti della Roma c’è un pizzico di delusione nel vedere che, per qualcuno, una stagione comunque positiva sta diventando un mezzo fallimento. La stessa delusione che ha accompagnato il viaggio di ritorno, sul treno charter partito a notte fonda da Napoli: la squadra era convinta di passare il turno e mai si sarebbe aspettata di non segnare nemmeno un gol. Non sarebbe da società ambiziosa dare la colpa agli infortuni (fuori 3 terzini su 4), alla sfortuna (un gol di Destro al 3’ poteva cambiare tutto, così come ha fatto il gol «fortunato » del Napoli all’andata) o al caso (la parte di tabellone con Juve e Napoli, molto più difficile dell’altra). La Roma ha pagato le tre partite ravvicinate. Juve e Napoli sono state costruite per il doppio impegno campionato/Champions, mentre la Roma era al corrente di affrontare una sola competizione importante.
La «rosa» è stata costruita di qualità, ma meno numerosa delle rivali, nell’ottica di una gestione delle risorse e del bilancio. Con la (fondata) speranza di accedere direttamente alla Champions 2015 e ai suoi introiti, la Roma sa di dover costruire una «doppia squadra », con 22 giocatori di livello. Due impegni alla settimana saranno un piacevole sforzo. Ecco perché molti nomi - da Iturbe ad Alderweilerd, da Vertonghen a Montoya - sono monitorati. Più un attaccante importante, se Garcia lo chiederà, anche a costo di una cessione per arrivare a un grande nome. Uno alla Dzeko.