IL MESSAGGERO (A. ANGELONI) - Michael Bradley, the man of the match. Luomo che non ti aspetti. Quello che entra per tamponare e lo scopri fine dicitore. Lo statunitense è lemblema di questa Roma da primato, un po architetto e un po operaia. Dove cè spazio per Pjanic e Totti, per Marquinho e Bradley, dove tutti sanno andare in
«GRAZIE KEVIN»
Bradley non vuole passare da eroe. Prima di tutto conta il gruppo. «Con undici solisti non vinci nulla. Il campionato dura trentotto partite, ci saranno momenti difficili e sappiamo di dover dare tutto in campo», il pensiero di Bradley. Uno entra e dà tutto, senza sentirsi ultima ruota del carro. «Quando sei professionista devi sempre stare concentrato, anche quando le cose non vanno bene. Anche quando ero infortunato cercavo di essere vicino alla squadra, che mi ha aiutato molto. Questo è un gruppo unito». Il rientro in campo è da sogno, il gol è bello e decisivo. «Era arrivato il momento di andare avanti e Strootman mi ha servito una gran palla. Garcia mi ha chiesto di aiutare la difesa e di accompagnare la manovra offensiva. Mi sono fatto trovare pronto, è andata bene. La vittoria è fondamentale per andare avanti convinti verso lobiettivo. Ma adesso non pensiamoci troppo, cè il Chievo da battere. Non parliamo di scudetto, è presto. Questa è una squadra che ha grande determinazione e voglia. L'anno scorso non è andata come volevamo, adesso sta funzionando tutto a meraviglia, siamo concentrati e vogliamo continuare così. Il segreto della difesa? Il solo gol subìto è un dato confortante, fa piacere se siamo la migliore del campionato ma stiamo lavorando ogni giorno per migliorarci e non guardiamo troppo le statistiche».