Abete alza il muro: «Il pm deve rispettare la giustizia sportiva»

04/08/2013 alle 16:15.

GASPORT (V. PICCIONI) - «Poco comprensibile». Giancarlo Abete definisce così alcuni dei passaggi dell’intervista-sfogo alla Gazzetta con cui il pm Roberto Di Martino ha commentato la sentenza di primo grado della Commissione Disciplinare della Figc sul calcio scommesse, quella su Lazio-Genoa e Lecce-Lazio



Abete, come giudica la presa di posizione del pm Di Martino?

«Cerchiamo di riepilogare i fatti. Prima di tutto va ricordato che la procura di Bari ha terminato il suo lavoro, quella di Cremona no. Poi come presidente della Federcalcio io devo stare molto attento e rispettare tutti i soggetti. C’è stato il primo grado di giudizio sportivo, ci sarà l’appello, bisogna osservare questo passaggio e non confondere i ruoli all’interno del sistema».



Insomma, la giustizia sportiva ha una sua autonomia e guai a chi la tocca.

«Ribadita la premessa iniziale, ci sono delle parole del procuratore Di Martino, con cui peraltro abbiamo in questi anni collaborato rispettosamente, che mi sembrano onestamente poco comprensibili. Da una parte parla di lui dice che alcune carte non sono in possesso di Palazzi perché non ha ritenuto di inviarle. E in questi mesi c’è chi ha accusato la procura di federale di procedere con troppa lentezza. Dall’altra dà un giudizio molto duro sulla sentenza».



l pm, convinto evidentemente delle proprie ragioni, si fa però una domanda: che senso ha che la giustizia sportiva si esprima prima di quella ordinaria?


«C’è una legge dello Stato che regola i rapporti fra i due ordinamenti e dà ai nostri organismi la possibilità di intervenire. E’ impossibile che la giustizia sportiva sia a valle dei tre gradi della giustizia ordinaria. Per dire: a , il processo calciopoli non è ancora arrivato all’appello».




Le parti sembrano essersi invertite. Quasi sempre è la giustizia sportiva che si lamenta di non avere le stesse prerogative di quella penale e che vive questa situazione con frustrazione. Ora è il pm ad accusare: Zamperini, personaggio chiave dell’indagine, è andato da Palazzi e non è venuto a Cremona.


«Sì, ho letto, sinceramente mi sfuggono le ragioni di tutto questo. E’ la giustizia penale che ha giustamente strumenti molto più incisivi per indagare: il Procuratore ha arrestato delle persone, ha effettuato delle perquisizioni, cose che non sono alla portata della giustizia sportiva. Certo riconosco che oggi per un calciatore o per i suoi avvocati, dal punto di vista anche dell’esposizione mediatica, può contare di più una sportiva che un patteggiamento in sede penale».




A leggere l’intervista si ha comunque la sensazione che la sentenza della Disciplinare sia in ogni caso «minacciata» dalla presenza di altri documenti che potrebbero renderla superata.


«Se il Procuratore è a conoscenza di altre situazioni e quando riterrà possibile inviare le carte, lo si potrà verificare».



Di Martino parla anche di perplessità sul futuro della collaborazione con Palazzi.


«Ma Palazzi che cosa c’entra? Mi sembra che la sua polemica sia rivolta verso la Disciplinare, cioè l’organismo che ha giudicato».



Dunque, un appello alla calma.

«Bisogna rispettare i ruoli anche perché una sentenza non la scrive l’accusa. E stare attenti al momento, anche in rapporto a ciò che sta succedendo nel Paese sul complesso del rapporto fra “colpevolisti” e “innocentisti”, naturalmente in tutt’altre vicende»