Auguri Roma, onora la storia

22/07/2013 alle 10:39.

CORSPORT (G. DOTTO) - (...) 86 come gli anni di questa amatissima squadra, amore inestinguibile come il fuoco del paradiso scambiato per inferno


Questa maglia è un’epifania. L’inizio di un ciclo. Un richiamo all’identità. Come i lupi affamati che escono dal tunnel dell’Olimpico. Come il gesto di Aldair. E’ una Roma che nasce dal bel gesto. Quello di Aldair, che rinuncia a un privilegio unico, la sua maglia, il suo numero, per consegnarlo al ragazzo olandese che, a malapena, sa chi è questo carezzevole uomo, questa delizia di bahiano. Quello altamente significativo di che consegna a Osvaldo la palla del rigore per un ritorno inverso e purificatore al passato.




Maglia di strepitosa bellezza da vestire come una seconda pelle, con tutti i brividi del caso. Come le corazze dei monaci guerrieri, dentro le quali non ci può essere altro che una dedizione infinita. Nemmeno la preghiera, che a quella ci pensano i tifosi. Loro, i giocatori, dentro questa maglia, non devono essere altro che impeccabili mercenari. Parola, “mercenario”, ingiustamente usata per insultare e, invece, parola nobile, tutta da rivalutare. Gli ottusoidi che sprecano quello che non hanno, il cervello, vanno a piazzare i loro infamanti striscioni non afferrando l’elementare verità che, da Osvaldo come da chiunque altro, non possiamo pretendere altro che siano dei mercenari dediti alla causa. Troppo facile esserlo da romani, romanisti, da militanti del tifo.



(...) Il mercenario è tutto là dove sta il fronte, la causa, la missione. Deve tentare l’impresa, non me ne frega un accidente se è pazzo da legare. Viva la pazzia se aiuta a vincere. Cosa voglio da tifoso della Roma che verrà, a partire dal numero 86? Voglio undici meravigliosi soldati di ventura con la faccia da , l’ultimo arrivato. Che faccia! Prezzolati e dediti alla causa erano anche i soldati dell’esercito romano che ha invaso il mondo. Niente striscioni insultanti per loro, ma solo l’onore delle armi.



Da Attilio Ferraris a Jedvaj, da Alfred Schaffer, l’austro-ungherese del primo scudetto, a , 86 anni che ognuno scandisce a modo suo e io dico, in ordine mio sparso, Fuffo Bernardini, Masetti, Amadei, Testaccio, Da Costa, Losi e Manfredini. Dico Anzalone e Di Bartolomei, ci metto anche Santarini e quel genio sublime, lui sì pigro, di Ciccio Cordova. Indispensabile Francesco Rocca. Viola e Liedholm, Falcao e Bruno Conti, ma dico anche e Pruzzo, Tancredi e Sebino Nela. Dico Toninho Cerezo. Ci metto Rudi Voeller e Giannini, ci metto anche Boniek. Il primo Zeman, Tommasi e Perrotta sempre, Delvecchio. Mazzone, ma anche Capello. Ci metto Montella e Samuel, Luciano Spalletti e . Non dimentico Pizarro.



La Roma che verrà sarà anche quello del lutto estremo. Ci stiamo preparando, ma non lo saremo mai. Nostalgici ancora prima di averlo perduto. , il ragazzo che si è detto romanista a vita ci dirà addio. “Questa sarà la mia ultima maglia”, ha detto. Non poteva essere più bella.