CORSERA (M. GAGGI) - «Venire a Roma mi onora, mi dà fierezza. Dobbiamo tornare a vincere, tornare in Europa». Poi, passando dal francese a un discreto italiano: «Lavoreremo per la felicità dei tifosi, è la cosa più importante». Di nuovo in francese: «Non è questo il momento di parlare di problemi tecnici, della rosa dei
Eccolo qui Rudi Garcia, il nuovo allenatore della Roma uscito dal cappello del direttore sportivo Walter Sabatini. Francese col nome tedesco e il cognome spagnolo, è limmagine di una società che da italoamericana prova a diventare multinazionale. Come il nuovo partner tecnico Nike. Come questo incontro con pochissimi giornalisti a NewYork, nel giorno dellannuncio ufficiale del nuovo «coach». L'ufficio della Raptor, la principale finanziaria della galassia di James Pallotta, è ormai anche la sede della Roma Oltreoceano. Nona Avenue allangolo della Quattordicesima strada, in un edificio che ospita anche gli uffici newyorchesi della Apple. Un isolato più su cè la sede di Google. Siamo nel cuore tecnologico di Manhattan, ma potremmo anche essere allOnu, col presidente della Roma Pallotta e lamministratore delegato Italo Zanzi che parlano in inglese, Garcia che sceglie il francese, Sabatini che preferisce restare sullitaliano e lavvocato Baldissoni che aiuta tutti con le sue traduzioni.
Tutto un po surreale, forse, almeno agli occhi di un tifoso di Testaccio. Ma questo è il calcio moderno. Non cè da stupirsi. Per funzionare, per superare lo scetticismo (e la rabbia per la sconfitta nella finale di Coppa Italia con la Lazio che ancora brucia), devono, però, arrivare i risultati. E bisogna metterci un po di cuore. Lo stesso Pallotta sembra consapevole che non basta farsi vedere a Roma ogni tanto con una sciarpa giallorossa al collo. Quando gli chiediamo se sarà più presente nella Capitale ora che ha deciso di assumere un ruolo maggiormente operativo nella gestione della società, a partire dalla stessa scelta del nuovo allenatore, il finanziere americano prima abbraccia in pieno la scelta di Garcia («È luomo giusto, un vincente. Sono convinto che resterà con noi per molti anni»), poi spiega che sì, cercherà venire più spesso a Roma: «Starò almeno una settimana al mese, forse più».
Poi una riflessione sui guai attuali della squadra e gli errori del passato: «Sono presidente da soli dieci mesi. Nellanno e mezzo precedente la nuova proprietà ha fatto scelte giuste e sbagliate. Dateci tempo, anche Zanzi è qui da soli sei mesi. Abbiamo fatto molte cose importanti per il futuro della società, dallaccordo con la Nike al lavoro per il nuovo stadio: vedrete, è il più bello mai visto non in Italia ma in Europa ». Il futuro è questo, Pallotta ha ragione. Ma è un futuro remoto. Prima bisogna recuperare terreno in campionato e recuperare la fiducia dei tifosi. Il management americano si è preso due anni di esperimenti per capire e cercare di modernizzare lambiente della società.Ma a Garcia di tempo ne verrà concesso assai poco e Rudi lo sa. Sa che arriva in una piazza scettica, delusa, pronta a cuocerlo nel fuoco del sarcasmo al primo errore: «Il sergente », «il laureato».
Già circolano i soprannomi, insieme al filmato di YouTube nel quale canta e suona la chitarra. Ma lui ha un ottimo curriculum, è orgoglio del percorso fatto (università dello sport compresa) e pensa di potercela fare a conquistare la fiducia dei romanisti e della squadra. Evitando gli errori dei suoi predecessori, imponendo il suo metodo nello spogliatoio (con lui si lavora duro), ma anche mettendoci un po di cuore. Oggi non si parla esplicitamente di giocatori (Osvaldo in uscita, forse via anche De Rossi). Ma tutto, adesso, ruota attorno ai metodi di Rudi e ai piani di ricostruzione della squadra di Walter Sabatini che, ancora addolorato per la finale-incubo di Coppa Italia e ferito dalle accuse di «lazialità» che gli hanno rivolto alcuni tifosi particolarmente accaldati, spiega in poche parole la scelta di Garcia: «Lui è la sintesi tra gli allenatori che abbiamo avuto. Ciò che è stato e quello che avrebbe potuto essere. Lui può evitare gli errori del passato e costruire sulle cose buone che, a dispetto dei denigratori, Luis Enrique, Zeman e Andreazzoli hanno portato alla Roma».