CORSERA (L. VALDISERRI) - Non è la restituzione completa della «manita », perché degli ultimi 5 derby la Lazio ne ha vinti 4 e pareggiato uno (inutile, lultimo di campionato), ma lo schiaffo dato alla Roma nella finale di Coppa Italia fa ancora più male. La Lazio si prende lemerso: il trofeo (il terzo dellera-Lotito), la
La festa della Lazio è sotto gli occhi di tutti, con Vlado Petkovic sotto la Nord con laquila Olympia appollaiata sul braccio e il presidente Lotito che si gode il suo trionfo. Crollata in campionato e in Europa League, la Lazio ha ritrovato le forze per lultimo sprint. Quanto alle spiegazioni della Roma, attesa da un altro anno fuori dalle coppe europee, chissà chi si farà avanti tra i tanti dirigenti a libro pagaper dire qualcosa ai tifosi stremati da una stagione orribile, dove sono stati bruciati prima Zeman e poi Andreazzoli (e prima di loro Luis Enrique). La telenovela Allegri, che quanto meno durerà fino a venerdì, visto che lincontro con Berlusconi è stato rinviato, rischia di essere lennesima umiliazione.
Nel frattempo il miglior allenatore dItalia, Vincenzo Montella, è stato scartato per due volte. In una gara povera di contenuti tecnici alla Lazio è bastato fare poco contro il nulla della Roma. Primo tempo di rara bruttezza, con due occasioni da gol per Klose e una per Destro. Il piano tattico di Andreazzoli è accettare una squadra spaccata in due: sei dietro e quattro davanti (Lamela, Totti, Marquinho e Destro). Enorme la distanza tra i due centrocampisti difensivi (Bradley e De Rossi) e il fulcro dellazione offensiva (Totti): così non si corre il rischio di subire il contropiede, ma il gioco non esiste. Restano solo i lanci lunghi di Castan e De Rossi. La Lazio esprime un calcio più organizzato, senza brillare ma avendo in campo dei punti di riferimento.
La ripresa sale un po di tono per due motivi: 1) impossibile fare peggio; 2) linfortunio di Ledesma costringe Petkovic a disegnare a sua volta un 4-2-3-1 (Onazi e Hernanes davanti alla difesa) che si rivela più produttivo. Il gol che decide la finale è un concentrato di simboli: crossa Candreva, mai contrastato da Balzaretti, che doveva essere un grande acquisto del mercato estivo e ha giocato una stagione disastrosa; buca Lobont, che di questa squadra doveva essere il terzo portiere dietro Stekelenburg (malato immaginario) e Goicoechea (il prediletto di Zeman); segna Lulic sul quale era stato mandato, fuori ruolo sulla fascia, il miglior centrale difensivo della Roma, cioè Marquinhos.
È il 71. La Roma costruirà una sola palla-gol (punizione di Totti mal valutata da Marchetti, che riesce però a schiaffeggiarla sulla traversa) e la Lazio sprecherà il raddoppio in contropiede con Mauri. Finisce con le respinte di Ciani tipo «calcio di una volta» e con la tristezza di vedere Burdisso allattacco come arma della disperazione. Osvaldo esce insultando Andreazzoli e spaccando un tabellone dello sponsor. Pjanic non è mai entrato dalla panchina. Addio Roma, immenso spreco di talento. La festa è della Lazio, dove ognuno, in campo e fuori, sa quale è il suo compito