LA REPUBBLICA (F. BOCCA) - È sicuro, si giocherà domenica 26 alle 18. Adesso che è stabilito che questo derby di finale di Coppa Italia sha da fare, ci si può organizzare: le famiglie se mai si vedessero ancora padri, madri e bambini andare t
Distintosi anche per il razzismo delle curve: Lazio squalificata in Europa, Roma condannata per i buu razzisti a Balotelli. Complimenti per il mix. Se stavolta non ci saranno incidenti sarà probabilmente non per limprovvisa pace scoppiata e lo spirito sportivo sceso a illuminare lOlimpico, quanto per la militarizzazione della partita. Un dispiego di forze e di mezzi scandalosamente costoso per una comunità già alla prese con i morsi della crisi. E di cui giustamente se ne chiede un perché ai due club e alla Lega di A: sono o non sono loro gli organizzatori? Senza contare i rischi personali per gli agenti stessi, i cittadini comuni, o i quartieri presi in ostaggio. Roma e Lazio, bisogna riconoscere, cercano di scaricare la tensione con qualche iniziativa (che noi stessi avevamo auspicato), ma non hanno controllo su quel tifo estremo che innesca la sua violenza proprio in quel velenoso clima da ultima spiaggia.
Come se una partita, sia pure una finale di Coppa Italia, decida chissà quale destino, determini chissà quale supremazia sul rivale. Il calcio che diventa faida, regolamento di conti. Roma purtroppo non si sa godere una partita per quello che è: una bella serata, una festa, uno show. Una partita di calcio non sarà mai un concerto di Vasco Rossi o di Jovanotti che pure in quello stesso stadio si esibiranno pochi giorni dopo, ma non dovrebbe essere nemmeno lesatto opposto. E fino a quando il derby di Roma avrà la stessa pesantezza del giudizio universale, non resterà che riempire lOlimpico e la città intorno di poliziotti e carabinieri in assetto sommossa. Oppure di non giocarlo affatto e amen.