CORSERA (A. COSTA) - Si chiama guerra fredda. O di logoramento. Oppure di posizione. Di solito vince chi riesce a starsene sulle sue costringendo il «nemico » alla prima mossa. E tra Silvio Berlusconi e Massimiliano Allegri, tra il Milan e il suo allenatore, la situazione al momento è proprio questa. Quando mercoledì mattina il tecnico
Peccato non avesse tenuto in debita considerazione (Berlusconi) il desiderio del tecnico di togliersi qualche sassolino postumo. Ecco perché il buon caffè al terzo piano della sede rossonera si è protratto così a lungo: più che per «gustarlo bene» perché Allegri ha rigettato con cortese fermezza quel foglio da firmare («Io non mi muovo, siete voi che mi dovete esonerare »), gelando sul nascere il progetto presidenziale. In sostanza il conte Max si mette di traverso, fa resistenza passiva, si incatena idealmente davanti ai cancelli di Milanello avvertendo di non avere alcun problema a rimanere fermo unintera stagione, ovviamente a spese di Berlusconi. Un atteggiamento di sfida che poggia su una certezza (sua): in tempi di vacche magre chi può permettersi di pagare un allenatore (5 milioni, mica bruscolini) per tenerlo fermo un anno, giusto per uno sfizio? In effetti il ragionamento non fa una grinza ma cosa accadrebbe se Berlusconi decidesse di fare una follia e di esonerare Allegri mantenendolo comunque a libro paga, precludendogli così l a passibilità di concretizzare i tanti ammiccamenti con la Roma? Ecco dunque la guerra fredda di cui sopra. Chi cederà per primo? Chi verrà scoperto in bluff? La risposta (forse) settimana prossima. Intanto le uniche notizie certe dalla repubblica rossonera sono il riscatto di Zapata dal Villareal e loperazione al ginocchio di Pazzini, con una prognosi non lieve: dai 4 ai 6 mesi di stop.