Lamela: «Datemi la Lazio»

15/04/2013 alle 10:53.

IL ROMANISTA (D. GALLI) - «Puntiamo a tutto». Europa League, semifinale di Coppa Italia, derby e quindi la finale e una stella da cui scendere per toccare il cielo con un dito. Lamela ha il piglio dei giusti e l’arroganza dei campioni. Se lo può permettere, ha fatto vincere la Roma e l’ha persino difesa con sacrificio, mettendoci l’ardore, dimostrando di sapere cosa significhi questa maglia. Alla faccia dei 21 anni, di un volto ancora bambino. Dimostra

Quello di Erik. Che a Torino ha fatto come gli pareva. Controllo, qualche passo di danza tre le maglie granata, ha alzato lo sguardo e ha disegnato la traiettoria perfetta. Ha girato, s’è curvata, s’è piegata al suo volere. La palla ha fatto quello che pareva a Lamela. «Ho un debole per lui. Mi piace il suo caracollare, come calcia, ha qualità e qualcosa in più rispetto a e Osvaldo». Parola di Capello, che non sarà mai più amato da parecchi tifosi romanisti ma che di calcio qualcosa, e magari anche più di qualcosa, ne capisce. «Perché ho alzato le braccia al cielo? Un po’ per tutto», ha spiegato Lamela ai giornalisti. «Per la voglia che abbiamo messo in campo, penso che meritavamo di vincere e sono contento». Non parla di sé, parla degli altri. Non parla del suo gol numero 14 in campionato, il numero 18 da quando è alla Roma, il numero 24 da quando ha esordito con la maglia del River.

Gli chiedono se con questa perla abbia voluto farsi perdonare quello sbaglio sotto porta al derby. «L’errore ci sta sempre, oggi (ieri, ndr) - dice Lamela - è stata una buona partita per noi. Il derby è alle spalle e speriamo di giocare con loro nella finale». Con loro. Non li nomina, quelli. Evita. Magari non lo fa apposta, però fa benissimo. Fa romanista. È una prova della loro inesistenza. «Se puntiamo all’Europa League? Puntiamo a tutto, all’Europa League e alla Coppa Italia. È quello che vogliamo». È l’unico modo che la Roma conosce per far diventare straordinaria questa stagione. E l’unico modo che Lamela conosce per far diventare straordinaria la Roma è il suo. Palla sotto al sette, il buffetto celeste di San , le braccia al cielo per sfiorare una stella una notte di maggio. Una stella d’argento.