GASPORT (M. CALABRESI) - «Il mio Roma-Siena? Non lo vivrò, domenica sono a Lecce ». Nella città dove, il 7 aprile di un anno fa, Serse Cosmi contribuì a far sprofondare la Roma di Luis Enrique. Quella di Zeman, il 2 dicembre, gli ha reso il favore, a Siena, con tre gol in 45, due settimane prima del suo esonero, stessa sorte che sarebbe toccata al boemo.
Così non è stato. Ha provato a farsi unidea dei motivi?
«Bisognerebbe vivere lo spogliatoio per averla. Dallesterno si dicono tante cazzate, non mi piacciono questi giochi. Dico solo che laRomaha un valore tecnico molto superiore di quanto dica la classifica».
Si dice che a Roma sia tutto più difficile: allenare, giocare, gestire.
«Quello dellambiente romano è un luogo comune che va sfatato: le pressioni di Roma ci sono in tante altre città, è chiaro che quando ti avvicini a piazze come Roma non trovi gente che ti dice bravo anche se perdi dieci partite. Io, per esempio, aRomaverrei a piedi proprio per viverle quelle sensazioni».
La società cerca un tecnico dal carattere forte. E Cosmi non è uno tenero...
«Nutro grande affetto per la Roma. Cè stato, in passato, un momento in cui era stato fatto il mio nome,main questomomento laRomacerca un profilo diverso, e onestamente in questi ultimi tempi allenatori come Mazzarri e Pioli, senza parlare di Allegri, hanno fatto meglio di me».
Forte, lo era anche Zeman, ed è finita come sappiamo. Crede che i giocatori possano averlo «cacciato»?
«I giocatori hanno potere se non ce lha la società,manon mi sembra questo il caso».
Dei giovani della Roma, su chi scommetterebbe a occhi chiusi per il futuro?
«Su parecchi, a cominciare da Lamela, che ha grandi numeri ma deve sbrigarsi a diventare decisivo con continuità.Ma anche Pjanic, Marquinhos e Destro: quante squadre di Serie A hanno giovani così validi? Forse nessuna».
Eppure la stagione della Roma è appesa alla finale di Coppa Italia.
«Una partita che condizionerà terribilmente i giudizi finali. Se si sceglie di cambiare così tanto, però, non si può pretendere di lottare subito per tutti gli obiettivi. La Roma non credo potesse aspettarsi di più di quello che sta facendo. Non è un caso che, senza Totti, la Roma sia una squadra completamente diversa, come la Lazio senza Klose».
Le sarebbe piaciuto allenare Totti?
«A chi non piacerebbe? A quasi 37 anni è ancora il più forte di tutti. Potranno arrivare tanti campioncini, a Roma o in altre squadre, ma scordatevi che possano fare quello che ha fatto uno come Totti. Cambiano società, allenatori, giocatori, ma negli anni lui ha saputo costruirsi la capacità di essere decisivo, sempre.Non oso immaginare cosa succederà a Roma quando smetterà. È come se un romano va in centro e non trova più il Colosseo».
Quanto le manca una panchina?
«Tanto, è il mio modo di vivere. Vivo attraverso il calcio, e il rapporto con lo spogliatoio, i giocatori, i tifosi. Rapportarmi solo con i giornalisti è difficile».
Ha visto le semifinali di Champions? Quanto siamo distanti da Bayern e Borussia?
«Dico che ci siamo leggermente avvicinati a inglesi e spagnoli, ma ora sono i tedeschi a essere troppo distanti. Stadi, pochi investimenti folli e plusvalenze: hanno capito come si vince». In Italia un progetto a lungo termine è utopia? «È apprezzabile quello che hanno fatto gli americani con la Roma: tutto, però, va inserito in un contesto schizofrenico come quello italiano. Ma se mai si provano a cambiare le cose, mai cambiano».