IL MESSAGGERO (S. CARINA) - «Lo avevo detto sabato, perché so come funzionano queste cose ». Nel post-gara di Roma-Pescara, Andreazzoli veste i panni del Grillo parlante di Collodi senza però rendersi conto che sarebbe toccato proprio a lui evitare di presentare una squadra presuntuosa, lenta, impacciata, appagata
AURELIO COME CARLITOS Ad Andreazzoli viene chiesto anche della decisione di schierare cinque attaccanti contemporaneamente. Scelta che ai tifosi con qualche anno in più, avrà certamente ricordato Roma-Sampdoria 1-4 (settembre 96) quando ad ogni gol dei blucerchiati (tre nel quarto dora finale) il tecnico dellepoca, largentino Carlos Bianchi, continuava a far entrare in campo attaccanti, terminando così con Balbo, Fonseca, Dahlin e Moriero. Stavolta ce nera addirittura uno in più (Totti, Lamela, Osvaldo, Destro e Lopez): «Prima del quinto attaccante potevamo avere lo stesso assetto, con Totti che poteva innescarli e due mediani alle spalle prova a spiegare il tecnico - Poi ho deciso di buttare per aria il cappello: Lopez doveva stare largo a sinistra e Lamela a destra con due punte centrali e Totti a supporto, per cercare qualche palla di confusione. Non credo di aver visto intasamenti, ho visto palle che ti posso premiare o penalizzare».
FARDELLO DERBY La finale di Coppa Italia condiziona? Andreazzoli prima lo nega a Rai Sport - «Nella mia testa il derby non cè e credo nemmeno in quella dei calciatori. Sarebbe gravissimo, non esiste una cosa del genere» per poi lasciarsi sfuggire a Mediaset: «Il derby? Condiziona, condiziona eccome
».