LA REPUBBLICA (E. SISTI) - A Trigoria, sulla porta della stanza del figlio, del fratello, del padre e del campione cè semplicemente scritto: Francesco Totti. Si entra e ci si ritrova in un museo che respira, qualcosa di molto simile alla vita vera, al tempo che scorre, anche se è tutto fermo. Si sente lodore di spogliatoio, dellerba, di ventanni di professionismo
La festa era a sorpresa (non del tutto...): «Più che Totti sarà Francesco a non dimenticare questa giornata, cerano anche mio padre e mio fratello, di solito restano in disparte», ha detto il capitano giallorosso. «Venti anni d'amore con la stessa maglia, avrò flessioni ma tornerò sempre in forma ». È riduttivo stringere a una manciata di numeri il Totti professionista, così come sarebbe offensivo considerarlo soltanto una bandiera della Roma. È storia del nostro calcio, è un baratro di bellezza nel quale siamo precipitati tutti, a partire dai tifosi della Sampdoria che si alzarono in piedi ad applaudire il suo gol di sinistro al volo, decentrato, quasi al limite dellarea, nel 2006.
I numeri sono freddi se paragonati alla magia che li ha spesso determinati: 226 gol in rapida crescita, Piola nel mirino, in fondo mancano solo 48 reti per raggiungerlo e laggancio è bancato a 20 («Avessi fatto la punta sarei a 300 reti»), un progetto (più altrui che suo per la verità) di tornare in nazionale per i mondiali («Parlerò con Prandelli ma da qui al 2014 chissà quante cose accadranno»), 13 stagioni in doppia cifra nella classifica marcatori di serie A, di cui 9 consecutive (dal 2003 al 2011) e adesso ci si mettono anche i bookmaker che bancano i suoi 40 anni in campo a 5.
«Difficile essere un re e restare umile», ha scritto ieri Zdenek Zeman. Classe e coraggio, talento e motivazioni, forza danimo e polmoni. La sua vita professionale ha un senso soltanto se genera passione, la benzina più bella: «Sogno il 2° scudetto, ma sono già una persona fortunata». Cè solo da capire se più fortunati di lui non siano stati e non saranno tutti quelli che si sono commossi e continueranno a commuoversi alle sue gesta, tante, così diverse, così ben distribuite, dedicate a tutti, non soltanto ai romanisti e a Roma: «Se ventanni fa immaginavo tutto questo? Certo che no. Ventanni fa non pensavo a niente. Solo a divertirmi ». Continua a farlo evidentemente. Arte e amore: due facce dello stesso pallone: il suo. Se fosse allo stadio Neil Young gli canterebbe: «Long may you run!». Il 6 gennaio del 2002, in Curva Nord, dopo il suo fantastico gol al Torino (palla controllata con la suola per mandare a terra il portiere Bucci), un signore di 70 anni si mise a piangere. Non riuscì a nasconderlo ai suoi vicini di posto. Il figlio 35 enne cercò di minimizzare imbarazzato: «A papà ce stanno a guardà tutti...!». Il papà singhiozzando disse: «Ma che me frega, a Stè, famme sentì male in santa pace... ». E ha continuato a tremare. Per colpa di Totti.