GASPORT (A. PUGLIESE) - «In un gruppo di lavoro serve sempre una scintilla». Già, anche se poi le scintille possono anche portare ad effetti tra di loro molto differenti. Quella di Zeman ha finito con il bruciare un sogno di una vita, il ritorno del boemo a casa dopo tredici anni.
Differenze - Il paradosso, alla fine, è che rispetto a quello che era stato presentato come il santone del nuovo millennio (Luis Enrique, la scorsa stagione) e quello del ritorno al futuro (Zeman, quest'anno) il signor nessuno (Andreazzoli) sembra di un'altra categoria. Almeno nei risultati. Lucho nelle prime tre partite aveva fatto la miseria di due punti (k.o. in casa con il Cagliari, pareggi a Milano con l'Inter ed all'Olimpico con il Siena), il tecnico boemo si era fermato a 4 (pari interno con il Catania, vittoria in casa dell'Inter e sconfitta casalinga con il Bologna). Andreazzoli, con un coefficiente di difficoltà altamente superiore (la Samp fuori in un momento in cui era tra le più in forma in assoluto la capolista Juve in casa e la trasferta, sempre ostica, di Bergamo) è salito fino a sei. E se avesse avuto quel pizzico di fortuna in più a Genova, poteva fare anche bottino pieno.
Psicologia - Ma Andreazzoli come è riuscito nel miracolo di rivitalizzare un gruppo che sembrava depresso e senza cuore? Prima di tutto con il dialogo, i rapporti, le parole. E la fiducia, quella che ora i giocatori si sentono addosso, singolarmente e come gruppo. Ha fatto prima lo psicologo, per poi dedicarsi all'aspetto tattico. «Conosco vita, morte e miracoli di Trigoria, sapevo già cosa non funzionava, non solo nel gruppo dice il tecnico della Roma Ho messo mano a questi problemi, cercando di portare linfa ed energia alla squadra». Per ora, operazione riuscita, come dimostra la vittoria di Bergamo. «Dove abbiamo vinto usando la spada, noi che siamo abituati al fioretto. E pensare che mancavamo di gente del valore di Totti, De Rossi, Castan e Destro».
Tattico e non - Rispetto a Zeman, Andreazzoli ha poi cercato di rendere la squadra più equilibrata. «Zeman ha espresso un calcio meraviglioso», dice Andreazzoli, che però con il boemo era quasi all'angolo, lui che prima aveva sempre avuto ruoli importanti. «Ho passato dieci anni a fare il tattico a fianco di allenatori importanti, ma nei venti precedenti avevo già fatto il tecnico. Da tutto ciò nasce la mia idea di calcio, un po' gioco e un po' cosa seria. Altri allenatori? Vivo questo momento tranquillamente. La società poi prenderà le sue decisioni e io le accetterò senza problemi».
Per aiutarlo a restare, ora ha bisogno del miglior De Rossi. «Nel calcio moderno bisogna essere al top della forma, Daniele ha bisogno di tempo, con cuore e tecnica tornerà ad essere un campione. Come Stekelenburg, che è rinato rispetto a prima e che ora sta dimostrando tutto il suo valore». Quello di Andreazzoli, a conti fatti, è ancora da scoprire. Ma se il buongiorno si vede dal mattino, chissà che alla fine non ci sia davvero una bella sorpresa...