REPUBBLICA.IT (M. PINCI) - Sono passati dodici mesi, sedici milioni di euro spesi sul mercato, undici nuovi acquisti. diciassette cessioni, un nuovo allenatore, persino la recentissima introduzione di un amministratore delegato born in Usa. Eppure, per la Roma non sembra cambiato nulla da quando in panchina mostrava i nervi Luis Enrique, e in campo faticavano, è proprio il caso di dirlo, Kjaer e José Angel, Gago e Bojan. Baldini e Sabatini sono stabilmente al loro posto: come la squadra, inchiodata, a un anno di distanza, alla posizione di dodici mesi fa.
ZEMAN COME LUIS: E IL 3° POSTO È ANCORA PIÙ LONTANO - A conti fatti, l'unica vera differenza rispetto allo scorso anno è proprio la semifinale di mercoledì contro l'Inter. Perché il pareggio, sempre contro Stramaccioni, raccolto domenica all'Olimpico ha raccontato una storia nota: la Roma americana 2.0 somiglia dannatamente alla prima versione di se stessa. A questo punto della stagione, un anno fa, un allenatore che oggi di mestiere fa il maratoneta aveva soltanto un punto in meno di quelli conquistati dal profeta del gioco offensivo, Zdenek Zeman. E nonostante un campionato ancor più livellato rispetto al recentissimo passato il terzo posto, ieri soltanto un'ambizione e oggi obiettivo dichiarato della società, è se possibile ancora più lontano: 10 punti, uno in più di quanto non lo fosse per Luis Enrique dopo 21 gare di campionato. In mezzo però è passata un'altra campagna acquisti dispendiosa, chiusa in rosso per 16 milioni: quelli versati per assicurarsi il pezzo più caro del mercato estivo in Italia, Mattia Destro. Tutto inutile. Così se fuori dal campo il club macina innovazioni, dalle sponsorizzazioni alle partnership, fino allo sviluppo dell'Olimpico e al progetto per lo stadio di proprietà, al contrario la gestione sportiva tarda a produrre risultati, adagiata pericolosamente su un materasso di mediocrità. Se non altro, stavolta la Roma è riuscita a strappare un biglietto per le semifinali di Coppa Italia, traguardo parziale, ma che consente ancora di sperare in un trofeo. (...)
È SEMPRE EMERGENZA: ANCORA DIFESA A 3? - A complicare il lavoro già tutt'altro che in discesa di Zeman concorrono anche una serie di fattori esterni tutt'altro che fortunati. L'ultimo in ordine di tempo è l'infortunio di De Rossi: domani gli esami strumentali diranno con esattezza se il sospetto di una lesione al flessore sia fondato o meno, stabilendo i tempi necessari per riaverlo in campo. Si teme un mese di stop, che complicherebbe maledettamente i numeri di un centrocampo in cui i conti tornano poco. "Senza Pjanic manca qualità", ha confessato Zeman dopo Roma-Inter. Ma anche nel prossimo Roma-Inter, mercoledì in coppa Italia, il boemo dovrà fare a meno del bosniaco, così come di Osvaldo. Destro, che sostituirà l'italo argentino, ha subito una botta alla caviglia ma recupererà. E acciaccati si sono presentati a Trigoria anche Piris e Balzaretti, unici esterni in organico disponibili mercoledì, causa le squalifiche di Dodò e Taddei. E allora l'esterno della nazionale dovrà in due giorni superare il perenne fastidio al flessore. Altrimenti sarebbe indispensabile tornare alla difesa a tre nonostante le certezze di Zeman che ammette: "Con Totti e Lamela in campo non potrò fare mai il 3-4-3". Senza anche uno solo dei due esterni, sarebbe davvero difficile trovare alternative.