IL ROMANISTA (C. ZUCCHELLI) - Oltre il danno, la beffa. A leggere oggi lintervista rilasciata in Bosnia da Miralem Pjanic martedì viene da sorridere. Perché certe parole, dette prima della partita di Parma, contrastano con lo stato danimo del centrocampista, nervoso dopo la sostituzione contro lUdinese e nervosissimo per la panchina del Tardini dove, nella ripresa, gli è stato preferito anche Perrotta al momento dei cambi. A Pjanic questa situazione non piace
A Pjanic questa situazione non piace. Si sente stretto tra due fuochi: da una parte non si sente adatto al gioco di Zeman - perché di certo non ha le caratteristiche tipiche dellinterno del boemo - ma dallaltra vorrebbe diventarlo, vorrebbe giocare sempre e vorrebbe diventare importante per questa squadra. Adesso, non in futuro. Perché non ne può più di sentirsi dire: «Ha 22 anni, è giovane». Pjanic si sente un giocatore maturo, uno che vuole competere per grandi traguardi e quando un anno fa ha firmato per la Roma era convinto di poterlo fare. Questanno la convinzione era la stessa tanto che, come ha detto lui stesso, ha «rifiutato un grande club per poter restare a Roma visto che sto bene qui e non ho intenzione di andare via».
Non si aspettava, dopo un precampionato con ben altre premesse, un avvio di stagione così deludente, suo e della squadra. Eppure, almeno stando alle parole riportate da klix.ba, la fiducia ancora cè: «Il mio momento nel club? Potrebbe essere migliore, ma cè ancora tempo per conoscere lallenatore. Ho davvero un buon rapporto con Zeman, non cè disaccordo tra noi». Parole, quelle di Pjanic, che servono a gettare acqua sul fuoco, quantomeno fino alla partita (e conseguenti scelte) di domenica prossima. Si aspetta unoccasione dal primo minuto Miralem, così come se laspetta anche Mattia Destro, laltro escluso eccellente di Parma e non solo. Passare da pezzo pregiato del mercato a panchinaro di lusso non è facile per lattaccante che pur di accettare lofferta della Roma in estate ha detto no a mezza Italia, andando anche contro il parere di una parte del suo entourage, padre compreso, che invece gli consigliava di scegliere unaltra strada.
Destro ci ha pensato su e poi ha scelto senza riserve la Roma: perché lo aveva conquistato la stima dei dirigenti, perché gli piaceva lidea di un progetto giovane e duraturo nel tempo e perché, soprattutto, era convinto che Zeman fosse lallenatore ideale per la sua carriera, anche in chiave Mondiale 2014. I fatti, e i numeri, però finora non sono dalla sua parte: nessuna rete con la Roma (al contrario dellamico El Shaarawy, che di centri con un Milan più in crisi dei giallorossi ne ha fatti 7 in campionato e 2 in Champions), 6 presenze totali su 9 partite di cui 4 da titolare e 2 da subentrato (alla prima col Catania era assente per squalifica) per un totale di 375 minuti in cui del suo talento e del suo istinto per il gol ha fatto vedere ben poco. Anche lui, come Pjanic, domenica si aspetta - e spera - in unoccasione dal primo minuto - anche perché Osvaldo nelle ultime due apparizioni è sembrato un poappannato - con la consapevolezza che, mai come adesso, la Roma ha bisogno anche dei suoi gol.