LA REPUBBLICA (E. SISTI) - Il ritorno di Zeman a Pescara è stata una festa. Ma solo prima della partita. Anche chi vince, come ieri la Roma, può lasciare impressa nella retina limmagine di un calcio triste e involuto, avvelenato dallindisciplina, condizionato dalla povertà di mezzi in cui Roma e Pescara, non potendo far altro, si sono
Zeman si difende: «Ma le squadre sono squadre di Zeman solo quando perdono? ». Ha ragione da vendere. Ma anche lui, benedettuomo, non è più lui, nei pregi e nei difetti. Oppure gli attuali suoi ragazzi, al contrario di Insigne, Immobile, Sansovini e Verratti lo scorso anno, non capiscono le sue parole, lo interpretano male, lo soffrono, faticano: «Se non riesci a fare quello che vorresti, devi adattarti». È Zeman che parla o Mazzone?
Quando si accorge che negli ultimi dieci minuti la sua ex squadra sta assaltando come può (ossia con lappesantito Abbruscato) il fortino giallorosso, Zeman si converte alla religione del capitalistico profitto, in cui è forse lui il primo a non credere, e cambia Osvaldo con Tachsidis dopo aver già messo Perrotta al posto di Destro. Qualcosa è cambiato se Zeman si abbassa a una doppia sostituzione tattica. Negli anni scorsi gli si rimproverava lintegralismo, oggi si può e forse si deve discutere di come Zemanlandia non esista quasi più.
Saggio e brutto: dove può arrivare il nuovo Zeman? La logica dei numeri dice che per la prima volta in campionato la Roma non subisce gol in due partite consecutive incamerando sei punti di fila e restando in corsa per quel leggendario terzo posto di cui si favoleggia dal ritiro di Brunico, come fosse il Valhalla. Ma è assai magro bottino psicologico e letterario, soprattutto alla luce delle condizioni psico-fisiche dei giallorossi. I fatti sono palesemente contraddittori. Contro Torino e Pescara la Roma è stata coerente: ha farfugliato in egual misura, è costantemente inciampata sullaria, ha rigorosamente dimenticato se stessa sino al punto da far dubitare che esista un se stessa cui fare riferimento (salvo i 20 minuti iniziali contro lUdinese). Eppure ha vinto. Segno che gli altri hanno fatto peggio. Di fronte al Pescara da strapaese appena rilevato da Bergodi, pieno di generosa manovalanza cui nulla si può chiedere, a parte lottimo Weiss, la Roma doveva essere 3-0 dopo dieci minuti e giocare sulleleganza e sullintesa. Non lha mai fatto. Destro, che ha giocato al posto dellinfortunato Lamela, avrebbe potuto raddoppiare nel secondo tempo. Totti, che non ha mai segnato al Pescara, ha provato più volte da fuori con tiri irascibili. Ma sono solo microscopiche scintille nel buio di una cronaca senza bellezza.