Roma-Palermo, il giorno dopo. All'indomani della bella prestazione grazie alla quale i giallorossi hanno battuto per 4 a 1 i rosanero di Gasperini, ecco i commenti di alcuni degli opinionisti più importanti della stampa.
CORSPORT - STEFANO CHIOFFI
Il marchio distintivo è nella bellezza di questo campionato, che ha la sorprendente capacità di far scivolare in secondo piano anche gli errori arbitrali più clamorosi. Tagliavento pagherà con un turno dl sospensione le gravi disattenzioni di Torino, ma il rovescio della medaglia nasce da una classifica emozionante, che va oltre le ingiustizie e i verdetti della moviola. La Juve è ancora prima, però la sua vulnerabilità nello scontro diretto con l'Inter e la mancanza di un centravanti di alto profilo potrebbero aprire qualche crepa nelle certezze dl Conte. Così come l'autostima di Stramaccioni trova nei numeri la sua energia: l'Inter ha recuperato cinque punti In sette giornate nei confronti della Juve. Lo scudetto è un argomento che riguarda anche il Napoli, nonostante l'improvvisa flessione. La cicatrice è nel ricordo della sconfitta con la Juve: la squadra di Mazzarri ha raccolto solo quattro punti nelle ultime quattro gare. Si fa largo invece la Fiorentina, che diverte con gli schemi di Montella: quattro successi e un pareggio dall'inizio di ottobre. Ritorna protagonista la Roma, nel segno della genialità di Totti, mentre si smarrisce la Lazio, che ha conquistato un punto in tre turni, subendo sette gol. Il derby di domenica aiuterà Zeman e Petkovic a capire le loro prospettive.
LA REPUBBLICA - GIANNI MURA
Preso come sarà a levarsi di dosso colate di miele, paragoni con Mourinho, iperboli, spero di non urtare la sensibilità di Andrea Stramaccioni definendolo un italianista intelligente. L'aggettivo va preso in senso etimologico: leggere dentro (dentro le partite), ma anche pre-leggerle, per incanalarle a suo piacimento. Italianista, ammetto, è un sostantivo che può fargli drizzare il pelo. Memorabile la sua reazione sopra le righe per l'aggettivo "provinciale". Quindi, italianista va spiegato, per evitare equivoci. Piccola premessa. Moratti ha detto che nessuno (quindi nemmeno lui) s'aspettava che il giovane tecnico lavorasse con tanto profitto. Nemmeno io me l'aspettavo, non solo per la scarsa esperienza di serie A ma per la difficoltà di riportare I'Inter ad alti livelli in tempi brevi. Invece la partita di sabato dice chiaro che sarà una corsa a due. La Juve imbattuta da 49 partite è stata battuta, ma non abbattuta. Prima o poi doveva perdere, magari con una piccola (come l'Inter col Siena), ma dalle ultime partite con Catania Bologna era emerso un certo affievolimento collettivo. Non è stato il tridente a far vincere l'Inter, qui mi permetto di dissentire dai cori. Con la scelta del 3-4-3 Stramaccioni ha fatto capire, da subito, che non aveva paura della Juve. Bene. Ma finché ha mantenuto il tridente I'Inter non è andata oltre il pareggio su rigore. Ci sono due motivi per cui l'Inter ha vinto con pieno merito, facendo un favore all'interesse del campionato, ma, visti i risultati di ieri, più che altro a se stessa. Il Napoli non ne ha approfittato, il pari del Torino è giusto, anche se arrivato nei minuti di recupero per un erroraccio di Aronica. La Lazio, lasciamo stare. Quarta forza è la Fiorentina. a torniamo all'italianista Stramaccioni. Studia molto leawersariee ne individuai punti deboli, o cerca di limitarne i punti forti. Col Catania s'era inventato Obi terzino sinistro perché gli serviva un mancinosuGomes. Col Bologna aveva messo a uomo Mudingayi su Diamanti, mossa che avrebbe fatto anche Rocco (non si risenta, per me è un complimento). Contro la Juve una mossa non bastava e ne ha fatte dieci. Pressing individuale sulle rimesse dal fondo della Juve, Juan Jesus avanzato su Vidal. La partita frantumata in dieci coppie. In difficoltà col regista arretrato e con quello vero, Bonucci e Pirlo, la Juve s'6 logorata nel primo tempo, purin vantaggio. I due motivi per cui l'Inter ha vinto con pieno merito sono di ordine mentale e atletico. Molte squadre (anche l'Inter del passato) avrebbero perso la testa: un gol in fuorigioco dopo 18", il pari annullato per un altro fuorigioco, millimetrico, e la mancata espulsione di Liechtsteiner, secondo mela colpa più grave. Nel secondo tempo l'arbitra o è stato compensativo nella valutazione dei falli (due gialli rispamriati all'Inter) ma non sul rigore, che c'era. L'Inter non ha perso la testa, ha continuato a macinare il suo gioco. A spaccare la partita è stato l'ingresso di Guarin, con relativa cancellazione del tridente. Con squadre allungate, bastava un errore a centrocampo (e c'è stato, di Vidal) per spalancare un'autostrada. Così sono arrivati il 2-1 e il 3-1. Ecco perché Stramaccioni è un italianista, anche se è cresciuto a pane e zona. Non butta via nulla, non è innamorato di un solo credo e di un solo modulo, studia il problema e spesso lo risolve. Esempio: si fa male Snejider e sta alungo fuori, ma arrivano 9 vittorie consecutive. Nella Juve non hanno convinto i cambi. Non si capisce perché Bendtner abbia scavalcato Quagliarella né la rinuncia a Pogba nel finale né Giovinco a oltranza. Firenze, allora. Preso atto che Toni non è da rottamare, come direbbe il sindaco, Montella non guida una meteora ma un mix ambizioso che gioca un bel calcio. Farà strada, se il tifo non diventa soffocante. Da elogiare ancora il Catania, dove si continua a fare bel gioco, e l'Atalanta, meno spettacolare ma molto tosta. Infine, El Shaarawy, capo dei goleador senza rigori. In genere un ventenne va bene in una squadra che gira al massimo. Non è il caso del Milan, che dovrebbe dare più spazio a Bojan, ma sta risalendo. A Pescara, ingenerosa e stupida la contestazione a Stroppa. Domenica derby a Roma, Totti supera Meazza e può puntare al sorpasso.
LA STAMPA - MARCO ANSALDO
L'assenza di Conte. La presenza di Stramaccioni. Ci sono molte spiegazioni all'imprevedibile attacco dell'Inter alla leadership della Juventus. La più evidente, a costo di ripeterci, è che l'Inter ha attaccanti che conoscono il mestiere del gol mentre la Juve li ha cercati per mesi per approdare a Giovinco (valutato 22 milioni, appena un po' meno di Van Persie che ha segnato anche sabato nel Manchester United) e a Bendtner, comprato come si fa nei supermarket poco prima che chiudano quando in casa non abbiamo più il latte. Perso Del Piero, il reparto non si è rafforzato e la Juve deve produrre un sforzo enorme con tutti i propri uomini per arrivare al gol: nei periodi in cui sta bene il problema si supera, quando c'è un appannamento il ritmo cala, il possesso della palla si sposta sugli avversari e la polvere entra nei meccanismi moltiplicando le difficoltà. Lo si è visto con l'Inter. Sull'1-0 i bianconeri hanno consegnato le chiavi del gioco agli avversari, cercando il contropiede senza gli uomini più adatti per interpretarlo. Sul-l'1-1, invece, la ricerca del gol ha portato per generosità a uno sbilanciamento che ha scoperto la difesa: agli interisti è bastato fare ciò che fanno meglio, recuperare i palloni danzanti a centrocampo e schizzare nei corridoi verso Buffon. Semplice, efficace e senza rischi. Quanto ha pesato in questo atteggiamento sbagliato l'assenza di Conte a bordo campo? L'impressione, rafforzata dalle ultime partite in bilico, è che la squadra non sia attenta ai supplenti come lo era con il titolare. E che con Alessio, un'ottima persona cui non abbiamo mai sentito alzare la voce in 30 anni, la scossa dalla panchina al campo si avverta ancora meno che con Carrera. Nei momenti difficili, in cui una mossa va realizzata in 2 minuti e un urlo in 2 nanosecondi, la Juve deve prendersi del tempo e talvolta paga il ritardo. L'Inter invece ha il proprio tecnico a pochi metri da chi deve ricevere il consiglio (Cambiasso, Milito, Zanetti, Samuel) o l'ordine (gli altri). L'avvocato Agnelli sosteneva che un allenatore incide per un 5 per cento sulla partita. Suonava come una divertita provocazione al Trap e poi era un altro calcio. Oggi il peso di un tecnico è più decisivo non soltanto per il lavoro che svolge in settimana e per come prepara il match a tavolino. Bastasse quello, Zeman sarebbe in testa con la Roma. La gestione della partita si è complicata, le correzioni sono continue, spesso imprevedibili e non si limitano alle sostituzioni: le squadre, anche le più forti, «annusano» chi le dirige, ne avvertono certezze e sfasamenti. Guardate cosa succede al Napoli con Mazzarri che dopo la sconfitta con la Juve ha esternato dubbi, stanchezza, insoddisfazioni, cadendo in atteggiamenti come quello che gli è costato l'espulsione, in vantaggio di un gol e a 3' dalla fine. Forse, con un altro clima, Aronica non avrebbe consegnato il pareggio al Toro.
IL MESSAGGERO - VINCENZO CERRACCHIO
Domenica c'è il derby e la Roma giocherà per il sorpasso oltre che per la supremazia cittadina. E lo stato d'animo che si è ribaltato dopo i risultati di ieri: i giallorossi hanno strapazzato il Palermo, la Lazio è caduta pesantemente a Catania, risvegliandosi bruscamente dal sogno. Non solo: Zeman potrà allenare in settimana i suoi. Mentre i biancocelesti giovedì avranno il surplus dell'impegno europeo. Totti e Osvaldo hanno suonato la riscossa dopo il fango di Parma, Lamela ha incantato con i suoi repentini contrassalti ed è stato infine premiato da un assist gioiello di Tachtsidis: il tridente delle meraviglie. Il capitano è stato ancora una volta l'ispiratore di ogni manovra uscendo tra le ovazioni dell'Olimpico. Poi è entrato Destro ad assaporare il suo momento di gloria, rovinato però subito da una ingenuità giovanile: si è tolto la maglia dopo il gol: già ammonito, espulso, niente derby. La bella novità viene dalla difesa che, con il ritrovato Burdisso e una concentrazione fmalmente quasi assoluta, ha imbavagliato la sterile reazione rosanero fino al gol (dubbio) della bandiera di Ilicic. Tutto bene e nessuno andrà a cercare il pelo nell'uovo, quel De Rossi in panchina che è apparsa scelta precauzionale magari proprio in vista della super-sfida di domenica. Per contro c'è una Lazio in piena crisi d'identità, perché il tracollo record di Catania, un 4-0 mai visto nella storia della sfida, ha diverse preoccupanti matrici. Petkovic, come a Napoli dove perse 3-0, ha riproposto una squadra senza mediani di ruolo, votandosi così alla pesante sconfitta. Attacco e difesa fanno achi sta peggio: nelle ultime tre partite i biancocelesti hanno segnato solo un gol, subendone sette, e hanno incassato la miseria di un punto. Gli esterni si fanno infilare come tordi dalla velocità degli avversari. Hernanes è giù di forma e mezzo infortunato, le punte, assente Klose, sono fuori da ogni manovra. Candreva e Lulic arrancano perla stanchezza e stavolta ci si è messo anche Bizzarri: raramente si vede un portiere prendere gol senza accennare la parata, ritenendo il pallone fuori dallo specchio. Per non parlare degli infortunati cronici e dei fuorirosa per ripicca. Il derby dirà, ma intanto giovedì c'è il Panthinaikos in Europa e non batterlo sarebbe quasi letale per la qualificazione. Le due romane sono quinta e sesta in classifica, Lazio avanti di due punti. Ma c'è un romano nato a San Giovanni che sabato ha riaperto il campionato: Andrea Stramaccioni emigrato a Milano, sponda Inter. Un perfezionista dentro e fuori dal campo. La Juve capolista, al momento, deve temere solo lui e il tridente che ha saputo inventarsi.