CORSPORT (F. M. SPLENDORE) - Sandro Tovalieri e Pippo Inzaghi raccontano da calciatori due decenni diversi: gli anni Ottanta-Novanta il ragazzo di Ardea, gli anni Novanta-Duemila, quello di Piacenza. Stessi ruoli, due modi di giocare, due sistemi calcio profondamente diversi. Tovalieri ha accompagnato alla fine del
Un derby è sempre un derby, in qualunque categoria lo giochi. Parola di romano de... Ardea.
«Assolutamente sì, questo dice la storia. Poi è chiaro che partite di questo genere non hanno bisogno di essere caricate oltre quanto già non lo siano. La tensione già cè, deve essere positiva, portare spettacolo in campo. E le premesse ci sono tutte»
Derby dalta quota. Pesa?
«No. Ma è derby dalta quota e questo conta tanto. Abbiamo lavorato bene, molto: noi e loro. Saremo più leggeri, forti ognuno del fatto proprio. E chiaro che noi ora li abbiamo scavalcati e vogliamo poter festeggiare laureandoci campioni dinverno. Se vinciamo...».
I suoi derby di ragazzo?
«Atmosfere bellissime, uniche. E pensare che io la Primavera lho praticamente saltata per andare subito a giocare tra i professionisti. Però ho vinto un Viareggio: in quella squadra di Romeo Benetti cera gente vera: Desideri, Di Mauro, Gregori, Righetti. Davvero un gruppo con grosse individualità. Basta andare a vedere le carriere che hanno fatto».
Invece da professionista il derby le è mancato.
«Sì. E mi è mancato davvero perché quella era la partita che cambiava il rapporto con la tua gente, secondo come andava a finire. Nel bene o nel male adrenalina. Poi sono andato in giro e i miei gol alla Lazio mi è capitato di farli. Ho vinto piccoli derby personali, diciamo così».
Che strano il suo rapporto con la Roma. Nell82-83 una panchina a 16 la fa... sentire dentro quella favola da campioni dItalia come Pruzzo, Bruno Conti, Agostino Di Bartolomei, Falcao. Nell85-86 torna a casa e vive, più da protagonista, con 22 presenze e 3 gol, lincubo con il Lecce della Roma di Eriksson che lo scudetto lo perde clamorosamente. A lei le sensazioni...
«Beh, a 16 anni un sogno. Potevo mai pensare che Liedholm potesse rivolgersi ad un sedicenne come me con la squadra che aveva? Erano mostri sacri quelli là. E pensare che, con lillusione dei sedici anni, quando già mi ero beato dei cori degli ottantamila dellOlimpico mi venne un pensiero: stiamo battendo il Genoa 3-0, forse entro e faccio due minuti. Non successe, ovviamente...».
E lincubo dell86?
«Tornai a casa a ventanni. E vero, giocai molto di più e sfiorammo unimpresa straordinaria. Avevamo meritato quello scudetto, lo perdemmo per una leggerezza, troppa convinzione, ancora non lo so. Lo perdemmo. Che amarezza».
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Cosa le piace della sua squadra?
«Il fatto che sia un gruppo e che faccia dellimpegno costante, nel lavoro settimanale e in campo, il suo punto di forza. Cè applicazione negli allenamenti, cè voglia di aiutarsi in campo. Noi abbiamo qualità dei singoli e collettiva. Questo mi piace molto».
In cosa li vorrebbe migliori?
«Migliori per forza, hanno ancora margini. La gestione di certe fasi della partita deve essere diversa. Per esempio se vinci 5-2, come è successo a noi, non puoi metterti nelle condizioni di rischiare di essere raggiunti. Questa è la gestione».
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