GASPORT (M. CECCHINI) - Se è vero che gli eschimesi hanno 400 parole per definire la neve, non escludiamo che a Roma in questi giorni i sinonimi per «sorpresa» siano in crescita verticale. Il testacoda nelle previsioni della vigilia di campionato, infa
La Roma, ora lontana già 5 lunghezze dalla rivale, fino al k.o. interno col Bologna ha respirato invece tutt'altra aria grazie a validi arrivi, ma soprattutto al ritorno di Zeman e del suo bagaglio ideologico. Insomma, tutto è sembrato perfetto, e le 9 vittorie in altrettante partite del precampionato parevano solo il logico trampolino di lancio per la rivincita. Perché (è bene non dimenticarlo) a dispetto di investimenti e vaticini, nelle ultime due stagioni i biancocelesti sono sempre arrivati davanti. Il ribaltone, perciò, ha colpito al cuore entrambe le tifoserie, che hanno così inondato l'etere romano di speranze e malinconie.
A differenza del solito, però, un paio di stabilizzatori d'umore sembrano essere entrati subito in circolo. Infatti, il presidente Lotito ancora divide l'ambiente laziale temperandone così l'euforia, mentre Zeman e la sua utopia attizzano ancora ottimismo nei cuori romanisti. E allora, il vero protagonista di questo bizzarro settembre finisce per essere proprio Petkovic, così sottovalutato da essere considerato all'inizio solo una marionetta nelle mani di Lotito.
Al look da elegante capitano d'industria e alla intelligenza viva che lo fa esprimere in 8 lingue, ha saputo unire duttilità e gusto per il bel gioco, fatto peraltro con gli stessi uomini della passata gestione. Apprezzabile in tempi di profeti e fondamentalismi. In attesa di conferme, è lecito quindi supporre che la lunga marcia del campionato abbia trovato un nuovo Grande Timoniere dal basso profilo. La vera sorpresa, in fondo, potrebbe essere proprio questa.