IL ROMANISTA (V. META) - Avevano ragione i Tesla, quando nel 1989 cantavano love will find the way e con loro tutti quelli che non hanno mai smesso di credere che prima o poi Mattia Destro e la Roma si sarebbero trovati. A cominciare da lui stesso, che non più tardi di due mesi fa poteva dire al Romanista che «sì, forse un po ce lho la sensazione che nel mio destino ci sia Trigoria ».
Era il primo giugno e dal ritiro dellUnder 21 (raggiunto giusto qualche ora prima, una volta saputo che Prandelli gli aveva preferito lamico Borini nella lista dei 23 per gli Europei) Destro parlava a lungo del suo futuro. E la Roma cera già, sia in parole di circostanza («il fatto che una società così importante si interessi a me non può che farmi piacere») sia in altre molto meno scontate: «Lavorare con Zeman è una prospettiva che mi affascina molto. È un allenatore che stimo perché mi piace come fa giocare le sue squadre. Chissà quanti gol potrei fare con lui in panchina e Totti accanto ». Altro che dubbi, rifiuti o tentennamenti: Destro sulla Roma ha sempre avuto le idee ben chiare, ancora di più da quando cè Zeman, tecnico che lattaccante ammirava indipendentemente dalla panchina. In realtà quella della Borghesiana non era che la conferma di unaltra uscita allo scoperto, passata un po più inosservata, che risale al 27 marzo. Ancora Under 21, ma stavolta lo scenario è il centro tecnico dellAcqua Acetosa e lassist glielo fa involontariamente il solito Borini: «Giocare con lui nella Roma? Magari!». Parole sospette in tempi non sospetti, visto che allora Destro in giallorosso era poco più di un sogno. Cè lInter che se lo vuole riprendere, si diceva, e loro con il Genoa hanno un rapporto privilegiato. Vero. Peccato che a cementarlo abbia contribuito proprio il giovane attaccante, che unimprovvida operazione nel gennaio 2010 portò in rossoblù nellambito dellaffare Ranocchia. Mattia, che con i nerazzurri era stato capocannoniere del campionato Primavera la stagione precedente battendo per distacco la concorrenza di tutti, da Immobile in giù, la prese un po come una mancanza di fiducia. «Non so se sia stato perché non hanno creduto in me, dovreste chiederlo a loro», diceva a marzo e confermava a giugno: «Se mi stanno rimpiangendo non lo so, di certo riuscire a ritagliarmi uno spazio nellInter quando avevo diciotto anni non era facile. Non so neanche se sarebbe la cosa migliore per me tornare adesso, hanno tanti attaccanti e io ho bisogno di giocare con continuità per poter crescere e migliorare. La Roma sarebbe unaltra cosa, anche perché cè Zeman e lo sanno tutti come lavora con gli attaccanti giovani».
Daltra parte, lattrazione è reciproca: alla Roma Mattia piace fin da quando aveva quattordici anni e segnava non solo più di tutti i coetanei, ma anche dei più grandi. A raccontare questa storia vecchia di sette anni e mai tanto attuale è stato qualche mese fa Andrea Stramaccioni nel bel mezzo di una conferenza stampa ad Appiano Gentile alla vigilia di Inter-Siena: «Mi ricordo che nel 2005 con la Roma siamo stati a un passo dal prenderlo, io stesso avevo parlato con il papà Flavio perché questo ragazzino era fortissimo, addirittura era stato capocannoniere sotto età con i Giovanissimi Nazionali dellAscoli». Alla fine non se ne fece nulla, anche perché la Roma non accordò a Flavio Destro una panchina nelle giovanili, Mattia finì allInter e il resto è già storia. Sono passati sette anni, il ragazzino segna ancora come se piovesse ma adesso festeggia con un curioso balletto con la bandierina del calcio dangolo. La Roma non lo ha mai perso di vista, lui non ha mai davvero smesso di pensare che prima o poi a Trigoria ci sarebbe tornato e stavolta per restare. Non troverà lamico Fabio Borini, «ma tanto con lui non se riesce mai a fa una cosa insieme!» diceva nella più che allusiva intervista della Borghesiana. Magari lo champagne per un brindisi in differita di sette anni lha messo in frigo proprio quel giorno.