Ricci d'amare: "Grazie Luis"

25/05/2012 alle 10:53.

IL ROMANISTA (V. META) - Un anno fa si preparava alle finali Allievi Nazionali chiedendosi se sarebbe riuscito a trovare spazio, magari come terzino destro. Oggi la certezza di un posto contro il Varese non ce l’ha - in regia

NOMINATO «Quando Luis Enrique ha fatto il mio nome in quella conferenza stampa stavo tornando a casa dopo l’allenamento insieme a mio padre. Eravamo in macchina e stavamo sentendo la conferenza, a un certo punto ho sentito "Ricci"... ci siamo guardati per un attimo, ma pensavamo di aver capito male. Poi ce la siamo riletta a casa e abbiamo scoperto che parlava proprio di me. Al mister piacevo e ogni volta che mi allenavo con lui cercavo di dare tutto per ripagare la sua fiducia. Quando ha fatto il mio nome mi ero allenato con loro una settimana prima, ogni tanto facevo qualche partitella e se alla prima squadra mancava qualcuno per arrivare a undici chiamavano noi della Primavera. Luis Enrique mi ha visto in una di quelle partitelle e poi mi ha fatto allenare con loro. Penso che gli piacessi perché a lui piacciono i giocatori tecnici, mi diceva di giocare come sapevo e di pensare sempre prima a quello che dovevo fare. Avevo esordito in Primavera a giusto due giorni prima, ma il mister deve avermi visto in partitella prima ancora che debuttassi, mi ricordo che ne avevo fatta una e avevo fatto un bel gol. Si può dire che sono arrivato prima in prima squadra e poi in Primavera, ma questa cosa mi ha dato grande fiducia nei miei mezzi. Sentire la stima del mister mi ha aiutato a esprimermi meglio».

IL TUNNEL A MUZZI «Io e mio fratello abbiamo cominciato nel Morena, la scuola calcio di Muzzi. Dopo due anni a un torneo c’era un osservatore di Bruno Conti, Olivieri, che ci ha visto e ci ha presi. Con la Roma io e Federico abbiamo iniziato a dieci anni, ma qualche richiesta l’avevamo avuta anche da fuori, e Milan mi ricordo e anche l’Empoli, avevamo fatto parecchi provini in sede, ma noi siamo sempre stati tifosi della Roma e la nostra prima scelta era quella. Una volta abbiamo fatto un provino giocando con i ’92, però poi la Roma è la Roma, non potevamo dire di no. Muzzi allora lavorava ancora alla Lazio e non voleva che si sapesse che aveva dato due ragazzi alla Roma, però ci in quel periodo ci aveva detto che si fidava del settore giovanile della Roma e del lavoro di Bruno Conti e anche il padre ci diceva che era meglio la Roma. Figuriamoci, per noi non c’era manco ’sto problema. Con Muzzi abbiamo un bel rapporto da anni, mi ricordo che quando veniva alla scuola calcio si fermava sempre a giocare con me e Federico, facevamo a gara di tunnel... e ne prendeva, eh! Nonostante noi avessimo dieci anni e lui trentatré. Spesso c’erano anche i figli Nicholas e Ramon, siamo rimasti molto legati, anche con il padre che mi dava consigli e mi raccontava di quando Roberto giocava, sono delle bravissime persone». Ora è un allenatore molto stimato. «So che fa corsi su corsi a Coverciano, è una brava persona e gli piace tanto lavorare con i ragazzi, mi ricordo che anche da piccoli ci riempiva di consigli».

PICCOLO A CHI? Eppure quando lo allenava Mauro Carboni (Giovanissimi e Allievi Regionali), Matteo ha passato anni a giocare pochissimo. «Diciamo che da piccoli io e Federico giocavamo tutti e due, con Tovalieri e Lana abbiamo fatto tre grandi campionati. Poi Carboni mi ha impiegato un po’ meno, gli altri erano più di me e lui preferiva un gioco più fisico, me l’aveva anche detto, così trovavo meno spazio». Però quando entrava la differenza si vedeva. «Beh, ce la mettevo tutta. C’è anche da dire che nel sui 4-4-2 per il trequartista non c’era spazio. Però quei due anni mi sono serviti, credo di aver acquisito cattiveria nei contrasti». In compenso la necessità di sfruttare al massimo ogni minuto di partita lo ha portato ad affinare la sua migliore caratteristica, il lancio di prima: «La visione di gioco ce l’avevo, ma forse la cosa decisiva è stato proprio il fatto di essere più piccolo degli altri: se stoppavo la palla, gli avversari avevano il tempo di venirmi addosso e rubarmi la palla, perciò giocare di prima era l’unica soluzione e alla fine mi riusciva quasi sempre». Una caratteristica che piaceva anche a Luis Enrique: «Mi diceva di giocare a testa alta, uno-due tocchi e poi magari provare pure il tiro».

A UN PASSO DAL SOGNO «La prima volta che sono andato in panchina ero emozionatissimo, ma gli altri sono sempre stati molto disponibili con noi ragazzi. ci diceva di stare tranquilli e ci dava un sacco di consigli, sono stati tutti molto carini. A Palermo tutti pensavano che sarebbe andato Tallo in panchina e io in tribuna, invece poi è successo il contrario. Mi ricordo che non ero andato a Torino con la Primavera perché avevo la febbre, la chiamata di Luis Enrique è stata un po’ una sorpresa». E per due volte fra i convocati è finito lui e non Verre, che pure aveva esordito in Europe League: «Ma no, Valerio è bravissimo. Dipende molto dal mister e dalle valutazioni che fa. Lui è un grande giocatore, ma Lecce c’era pure Federico (Viviani, ndr) in panchina».

FIRENZE SOGNA Vedendo la semifinale del Viareggio con la , in molti avranno pensato che Luis Enrique avesse ragione quel giorno in conferenza. «Là era squalificato Amato, altrimenti mica avrei giocato. Abbiamo fatto questo centrocampo a tre ed è venuto bene, ma è stata tutta la squadra a esprimersi alla grande, facevamo un gran possesso palla, la spostavamo velocemente come vuole . Poi è finita ai rigori e abbiamo segnato sia io sia Federico. Veramente bello, anche perché era una piccola rivincita per la finale di Coppa dell’anno prima».

LA RIVINCITA DEI ’94 «Diciamo che cominciamo ad arrivare anche noi. Era il discorso che ci ripeteva sempre Stramaccioni l’anno scorso: il gruppo dei ’94 è sempre stato poco considerato e lui giocava molto su questo per spingerci a dare di più e farci vedere che aveva giocatori con qualità importanti. Ora questo gruppo sta sbocciando, c’è Marco Frediani che sta in Under 18 insieme a me, c’è Andrea Cittadino, e poi Mattia Rosato, Simone Ceccarelli, a fine campionato anche mio fratello Federico è riuscito a ritagliarsi uno spazio. Certo i ’93 sono fortissimi, ma stiamo dimostrando che anche noi possiamo dire la nostra».

GIOCHI DI RUOLO «Il ruolo di ? È successo che nel centrocampo degli Allievi avevo davanti diversi giocatori nelle gerarchie del mister, però sapevo che a lui i giocatori di qualità piacevano. Quando me l’ha proposto mi ha detto che potevamo fare una prova una domenica per vedere come andava. Io non c’ho pensato un attimo e gli ho detto "ci sto" perché mi importava solo di giocare, centrale o terzino non faceva differenza, mi bastava scendere in campo. La prova andò bene, ma decisiva è stata una partita contro il , dalla mia parte giocava Di Benedetto che infatti poi è andato alla . Stramaccioni mi aveva detto "domenica hai un avversario tosto, vediamo che sai fare"». In realtà dalla parte di Matteo l’esterno del gioca solo un tempo, lui non gli fa toccare palla e l’allenatore è costretto a spostarlo. «Nell’ultima amichevole dell’Under 18 Evani mi ha fatto giocare terzino, ma erano tre mesi che non ci giocavo, non mi ricordavo niente! La cosa più divertente è stata al torneo in Russia (vinto dall’Italia, ndr) in cui ho iniziato la partita da centrocampista di regia sulla trequarti, poi Evani mi ha spostato esterno sinistro alto, dopo cinque minuti sono andato a destra e alla fine terzino. Dopo la partita il mister è venuto in camera mia e mi ha detto "oggi hai fatto quattro ruoli, domani te ne faccio fare sei!" Poi però si è fatto male Allegra e ho fatto io il terzino. A Evani piacciono i giocatori che si sacrificano e sanno fare tutto. Con la Primavera l’ho fatto in qualche partita, anche perché è capitato che magari ci fosse spazio sugli esterni. Ma a destra c’è Sabelli, la maglia è sua».

SCENARI FUTURI Con l’addio di Luis Enrique, Matteo perde un tecnico che lo stimava, «ma io sono un giocatore della Primavera, mica della prima squadra! Io adesso penso a finire bene questo campionato e poi al prossimo, che sarà importante per me. Il prossimo con , eh! Poi se arrivasse la prima squadra meglio, ma mi devo concentrare sulla Primavera. L’esordio mancato? Peccato. Ma in realtà a Lecce sul 4-0 non ha fatto riscaldare nessuno, nemmeno . Certo sarei stato contento, ma ci sarebbe stato comunque l’amaro per la sconfitta».

IN CAMPO CON UN POSTER «Quello di è l’unico poster che io Federico abbiamo in camera: ritrovarcelo compagno di squadra in allenamento è stato pazzesco... Lui ha sempre la battuta pronta, gioca con tutti, scherza con noi gemelli appena ci vede. Non ci ha mai chiesto "Tu quale sei?", però per non sbagliare ci chiama per cognome. È un esempio per tutti, in allenamento si impegna sempre al massimo. Un giocatore preferito a parte ? Non saprei... un centrocampista basso, forse Iniesta, ma non è la stessa cosa. Dopo ... niente!»