IL TEMPO (A. AUSTINI) - Fallimento, tutti a casa, si stava meglio quando si stava peggio. A otto mesi dallinizio di una nuova era, la Roma raccoglie una condanna dalla stragrande maggioranza dellambiente. La pazienza dei primi tempi si è trasformata in distruzione rabbiosa, schizofrenica, cattiva. Che fare allora? Rimettere tutto in discussione o continuare con il programma studiato un anno fa? La proprietà americana, come accade dallinizio, lascerà carta bianca ai dirigenti.
Mentre il toto-nome del sostituto è già scattato (Villas Boas, Capello, Prandelli, Guardiola, Mazzarri e chi più ne ha più ne metta) nessuno a Trigoria sta cercando un nuovo allenatore. «Finché sarò io a decidere, Luis Enrique sarà ancora lallenatore della Roma» ha detto Baldini. Un frase-chiave, che spiega il legame indissolubile tra i due: il dg sarebbe pronto addirittura a farsi da parte se lo spagnolo gettasse la spugna. Ma è difficile pensare che gli americani lo lascerebbero andare via. La palla passa, anzi resta, allo spagnolo. Luis Enrique è confuso, sfiduciato, in tilt. La situazione è precipitata e nella Roma cè la consapevolezza che il comandante potrebbe abbandonare la nave a maggio. I risultati deludenti hanno abbattuto le sue certezze e la capacità di resistere da «hombre vertical» alle critiche. Limmagine che ha dato mercoledì pomeriggio è quella di un uomo in crisi totale. In campo e in sala stampa. Il suo corto circuito emotivo è stato trasmesso alla squadra, le conseguenze sono state la prestazione imbarazzante del primo tempo con la Fiorentina, la reazione nervosa della ripresa e la decima espulsione stagionale rimediata da Osvaldo.
La Roma non riesce più a seguire il suo tecnico, ha perso i riferimenti e buttato al vento la crescita che si era registrata fino a gennaio. Lallenatore ci ha messo del suo. A Torino, ad esempio, ha schierato una formazione sorprendente, spiazzando per primi i giocatori: il modulo senza Totti e con Perrotta non era stato provato. Con la Fiorentina è rispuntato Greco, salvo poi rispedirlo fuori nellintervallo. Confusione, insomma, quella che Luis Enrique sembrava aver superato. Adesso il primo in difficoltà è proprio lui e i propositi di fuga sono sempre più concreti nei suoi pensieri. Lo spagnolo potrebbe salutare, assumendosi le responsabilità di una stagione negativo. Ieri a Trigoria i dirigenti lo hanno trovato più carico rispetto a mercoledì. «Lucho» si è rimesso subito al lavoro sul campo, incitando i giocatori. «Il primo tempo con la Fiorentina è da buttare, bravi nella ripresa. Forza, non molliamo, ci sono ancora quattro partite: cerchiamo di entrare almeno in Europa League»: questo il senso del suo discorso a un gruppo pieno di musi lunghi e già catechizzato da Sabatini mercoledì allo stadio. Domani contro il Napoli si capirà se il messaggio è stato recepito oppure questa Roma non ha più nulla dentro. Di sicuro in estate verrà cambiata. Non stravolta, ma potenziata con almeno 6-7 acquisti.
Preso Dodò, Sabatini sta cercando un terzino destro, un centrale difensivo (o due se andranno via Kjaer e Juan), un centrocampista e un attaccante. Non bisogna rifare tutto da capo, ma servono almeno quattro nuovi titolari. E, forse, un allenatore.