IL ROMANISTA (P. FRANCHI) - Come spiega, mister, una sconfitta tanto pesante? Semplice. Loro hanno segnato quattro gol, noi neanche uno. A sentire Luis Enrique dopo Juve-Roma, mi è tornato alla mente il grande Petisso, al secolo Bruno Pesaola, che commentò così negli anni Sessanta unanaloga batosta subita da una sua squadra, non ricordo più se il Bologna o il Napoli.
Semplice. Loro hanno segnato quattro gol, noi neanche uno. A sentire Luis Enrique dopo Juve-Roma, mi è tornato alla mente il grande Petisso, al secolo Bruno Pesaola, che commentò così negli anni Sessanta unanaloga batosta subita da una sua squadra, non ricordo più se il Bologna o il Napoli. Ma il saggio Pesaola leggeva Confucio. E lasturiano? Temo proprio di no. Domenica sera, davanti ai microfoni ma soprattutto sul campo, ha dato semplicemente la sensazione, o qualcosa di più, di avere la testa nel pallone[...]
Che in pochi minuti facesse della Roma uno spezzatino, beh, questo lo avremmo evitato volentieri. Se è successo, tocca allallenatore il compito non di ripeterci con aria arrogantella quello che sappiamo da soli, ma di dare una qualche plausibile spiegazione. Lo dico con grande tristezza, perché lo stimo, mi è simpatico, e sono naturalmente incline a difenderlo di fronte alle contestazioni volgari e sgangherate. Ma alzi la mano chi, prima ancora dei terrificanti dieci minuti iniziali, non si è chiesto, già alla vista della formazione che mandava in campo contro la Juve, se, per caso, Luis fosse impazzito.
In ogni caso, io lo ho pensato. E ho pensato pure, trovando purtroppo il più immediato dei riscontri sul campo, qualcosa di peggio. Quella non era la Roma di Luis Enrique, mai schiava del risultato, votata a fare il proprio gioco contro chiunque, pronta a perdere anche pesantemente la partita, ma non la faccia. E non era nemmeno la squadra svagata e molle di Lecce, di Cagliari o di Bergamo. No. Quella era la squadra meno luisenriquista che si potesse immaginare, unidea, anzi, una non idea di calcio mediocre e perdente, uninvolontaria caricatura da Terzo Millennio della Rometta stradarola o della Roma operaia [...]
Ma a perdere è stata una squadra non solo senza anima (era già capitato che i nostri la dimenticassero a casa) e senza qualcosa che somigli a una difesa (anche questa non è davvero una novità), ma senza senso: così priva di senso che non me la sentirei di prendermela con nessuno dei malaugurati in campo. Ci aspettavamo da questo finale di campionato dei segnali visibili a conferma della validità del progetto luisenriquista. Forse per via di quel terzo posto che non conquisteremo mai, ma che si ostina nostro malgrado a restare non irraggiungibile[...]