IL ROMANISTA (C. FOTIA) - «Chi se non Ago può essere definito un eroe?». Può essere che io sia stato molto colpito da queste parole pronunciate da Franco Baldini, per un fatto generazionale. Ago, per i romanisti della mia generazione, è il capitano del primo scudetto che abbiamo vissuto. I nostri
Perché Ago pose tragicamente fine alla sua vita lontano dalla Roma e da Roma. Esattamente dieci anni dopo quella surreale finale di Coppa dei Campioni contro il Liverpool (di cui ho rivisto stralci solo più di ventanni dopo, assistendo allo straordinario spettacolo teatrale di Giuseppe Manfridi e Daniele Lo Monaco) Ago decide di farla finita. Ci ha lasciato un vuoto e tante domande. Alcune di esse possono fare male. Perché i nostri uomini migliori (e qui parlo non solo e non tanto di calcio e della Roma) spesso finiscono per essere misconosciuti, dimenticati, offesi?
Il coraggio non sta nellavere le risposte, ma nel sapere che quelle domande esistono e ci interrogano: perché tante volte siamo così cattivi e irriconoscenti verso i simboli della nostra storia? Ecco perché quella definizione di Ago come eroe eponimo della Roma, mi colpisce e mi conquista. Probabilmente una certa affinità culturale mi rende semplice comprendere cosa volesse dire Franco Baldini. Sono pronto a giurare che anche lui, come me, sceglierebbe come eroe dellIliade Ettore invece che Achille, luomo contro il semidio. Perché leroe non è linvincibile, ma colui che, quasi sempre incompreso, mette in gioco tutto se stesso per quello in cui crede. E colui che ci ricorda che non si deve vincere a ogni costo e con qualsiasi mezzo. Che le vere vittorie sono quelle coerenti con i propri ideali. La nuova Roma è anche questo. E per questo ci piace sempre di più. La forza di questa memoria, di questi uomini che hanno fatto la nostra storia può essere larma in più anche per conquistare il presente. Il presente che batte alle porte fin da oggi pomeriggio. Ricordatelo ragazzi, lassù qualcuno vi ama.




