Falcao e Renato, quell’insolito derby giallorosso in panchina

01/05/2011 alle 11:32.

CORSPORT (A. MAGLIE) - Uno era il Divino, l’Ottavo Re di Roma; l’altro non andò mai oltre la definizio­ne di «Pube de Oro» . Ma oggi l’uno (inse­rito da Pelè nella lista dei più grandi cal­ciatori di tutti i tempi) e l’altro porteran­no in campo ( sulle rispettive panchine) un pezzo della loro storia giallorossa

Lui, il Divino, è tornato da allenatore all’Inter­nacional, la squadra che lo lanciò e che lo cedette alla Roma per una cifra, per l’epoca, di tutto rispetto, un mi­lione e mezzo di dolla­ri; l’altro allena proprio il Gremio, la squadra in cui si rivelò agli occhi di Fal­cao. Oggi si ritroveranno in campo per il derby. Con i loro ricordi romani e forse qualche nostalgia.

ICONA -Ora che i fisici non sono più asciut­tissimi e i capelli non più fluenti (Renato li ha tagliati, Paulo Roberto li ha progres­sivamente perduti, una calvizie diventata immanente dopo essere stata incipiente ai tempi in cui andava in campo), le loro storie richiamano alla mente momenti lontani, gloriosi nel caso di Paulo Rober­to, un po’ meno per Renato che, comun­que, a Roma si è divertito poco in campo ma ha fatto divertire molto fuori dal cam­po alimentando leggende metropolitane. D’altro canto, dal punto di vista calcistico, tra i due non c’è stata ovviamente corsa e non solo perché giocavano in ruoli diver­si. Paulo Roberto era un regista tattico e raffinato, europeo in un periodo, gli anni Ottanta, in cui i brasiliani si immaginava­no colpi di tacco e fantasia. Lui, invece, era asciutto, tecnico, concreto e fu quella concretezza che ammaliò il nostro colle­ga, Ezio De Cesari che poi lo segnalò alla Roma, a Dino Viola. Indossava la maglia numero «5» quella che in Brasile all’epo­ca si assegnava ai «cervelli», a quelli che facevano girare le squadre con l’intelli­genza piuttosto che con i colpi sorpren­denti. Cinque anni nella Capitale, uno scudetto rimasto sto­rico perché conqui­stato da una squadra che giocava un calcio bello, innovativo, la zona, anzi la« sona »dell’indimenticabile Nils Liedholm. Era vero e proprio« Futbol Bailado », una per­fetta combinazione di accortezza tattica europea e qualità tecnica sudamericana (e non solo per la presenza in campo del Divino).

DONNE E DOLORI -Quando arrivò Renato, Falcao era andato via da tre anni. Atterrò a Trigoria in elicottero esibendo una chio­ma da cantante rock. Vestiva la maglia numero «7» quella di veri miti brasiliani come Garricha e fece immediatamente capire che di lui sarebbero rimaste so­prattutto le avventura fuori dal campo. Viveva in un condominio dell’Eur con pi­scinae si favoleggiava di feste a bordo­vasca allietate da molte donne e tanta bir­ra. Lui, ovviamente, non ha mai smentito e quando qualche tempo fa incontrò Pelè gli disse:«Tu hai segnato 1200 gol, io ho avuto una donna per ogni tuo gol. Ma tu ti sei fermato... Per i tuoi settant’anni ti re­galerei il dvd dei miei 1200... gol, anche perché io i tuoi li ho visti tutti».Si è rac­contato con dovizia di particolari, dal punto di vista amatorio:«Ho fatto l’amo­re al Maracanà e nella toilette dell’aereo che mi portava a Roma » .Rimase nella Capitale un solo anno e scaricò le colpe del suo fallimento su Giannini:«Mi faceva la guerra».Donne e guai, insomma, come una scazzottata con Massa­ro mai pienamente confermata ( e mai completamente smen­tita).

DERBY -Come dicono i «giallisti», sono ri­tornati sul luogo del delitto. E adesso si giocano il derby di Porto Alegre. Ha det­to Renato (che per chi lo avesse dimenti­ di cognome fa Portaluppi):«Da gio­catore questa era la partita che più so­gnavo di giocare, per la sua importanza, per il suo significato. Se oggi andassi in campo, soffrirei di meno » .Ha risposto Falcao:« Sarà il mio primo derby e sarà certamente diverso, complicato, perché ora devo gestire uno spogliatoio. Voglio vincere visto che sono arrivato su questa panchina con metà campionato già per­so ».Cartoline da Porto Alegre con vista sul Cupolone.